“Je suis Charlie”, Charlie, sono io quello che è morto ucciso dai kalasnikhov, massacrato dai proiettili perché facevo satira della religione. Sono io quello che voleva aver la libertà di scherzare di tutto, anche di Dio. Sono io, eppure non mi chiamo Charlie. Quarantacinque capi di stato, segretari di governo, ministri, si sono riuniti in un grosso cordone di braccia incamiciate, uniti, finalmente, dopo le dispute, i contrasti, le crisi. Uniti. In cosa? Nella lotta al terrorismo? Nella libertà di espressione? Contro i fondamentalisti, in opposizione all’odio estremista?
Governati e governatori, rappresentanti e rappresentati, inglesi, francesi, tedeschi, italiani, portoghesi, spagnoli; tutta l’Europa è scesa in piazza, quell’Europa che nessuno è mai riuscito a unificare, quell’Europa sempre più preda di istinti nazionalistici e sempre più rifiutata. L’attentato ha fatto ricordare quel senso di appartenenza che la lotta economica e l’austerity aveva sepolto sotto una coltre di astio e rabbia.
Grazie Charlie. Grazie che hai chiamato le masse in piazza e le hai unificate nel tuo ricordo. Decine di città in tutta Europa hanno manifestato in tuo sostegno. Grazie. Eppure. Non posso che interrogarmi, che chiedermi, domande che si affacciano dalla porta della razionalità. Dov’erano quelle folle quando i vari Snowden, Assange denunciavano. Dov’erano quando duemila persone venivano massacrate in Nigeria, dov’erano quando i giornalisti che ogni giorno fanno inchieste scomode vengono minacciati. Dove sono, mi chiedo, tutti i giorni, quando le cose non funzionano, quando la democrazia si arrotola su se stessa, spesso malata di disinteresse pubblico, di cittadinanza inattiva, di incoscienza civica. Dove sono quando si tratta di difendere il diritto di espressione, il diritto a una giustizia giusta, a una politica trasparente, a una democrazia più rappresentativa e soprattutto più vicina ai cittadini. Dobbiamo scontrarci contro il filo spinato, dobbiamo veder il morto per ricordarci della nostra umanità. E solo di una parte di essa, solo quella europea. Siamo tutti Charlie. Però non tutti i giorni. Diciamo solo ogni tanto, un po’ quando scatta il caso. Quando ci scappa il morto.
Io sogno.
Sogno un mondo in cui l’impegno è qualcosa di costante. In cui si è cittadini attivi sempre, in cui quel senso di appartenenza alla stessa comunità non sia risvegliato solo da cadaveri insanguinati e da “martiri”. Sogno un paese in cui non devo preoccupami della seppur remota possibilità che forse si tratta di un attentato inventato e creato ad arte per giustificare qualcosa di molto contestato e contestabile, chissà, magari una guerra contro il terrorismo o chissà che. Come i teorici piani serbi inventati ad arte dagli austriaci di un piano per uccidere l’imperatore nel 1909 per far digerire al popolo la prima guerra mondiale. O i piani di auto-assalto americano a una delle sue navi per giustificare un attacco a Cuba. E decine di altri esempi. Sogno un ‘Europa che si unisca negli stessi valori di libertà, uguaglianza, dignità umana. Che si riconosca e che attui una politica sociale comune, non solo economica e che fa gli interessi dei pochi. Che sviluppi la conoscenza, non l’idiozia. Che finanzi l’educazione, non gli F-35. Che combatta la mafia e la corruzione, non che privilegi trusts e holding bancarie. Un’Italia che se vuole lottare per la libertà d’informazione non può essere agli ultimi posti nelle statistiche sulla trasparenza. Che non può avere giornali e canali televisivi nelle mani della stessa famiglia, e pure partiti politici.
Sogno un paese in cui posso trovare lavoro anche se non sono l’amico dell’amico. Un futuro che diventi meno precario e incerto, non più insicuro e improtetto. Uno stato in cui devo essere felice di organizzare eventi e Olimpiadi, non aver paura dei soldi che verranno sprecati e rubati dai soliti interessi mafiosi. Da appalti comprati a tangenti generalizzate.
Sogno che le piazze si riempiano anche per l’empatia che sentono con gli ammazzati di ogni guerra che accadono dall’altra parte del mondo. Per i cittadini cinesi in rivolta, per gli studenti messicani massacrati in messico. Per la povertà che uccide lentamente ma ancora più devastante. Per un ambiente devastato e violentato da interessi economici. Sogno cittadini che reimparino a INDIGNARSI e che smettano di delegare. Uomini, donne che prendano parte e che si attivino in prima persona, smettendo di lamentarsi del sistema che non funziona. Il sistema non funzionerà mai se si lascia a chi vuole. Il potere non scompare, si trasforma. E c’è chi lo usa, che sia conosciuto o no.
Sogno che diventiamo tutti Charlie, il simbolo che è diventato, e sogno che non ci sia più un Charlie. Sogno di non averne più bisogno. E temo una futura unione europea legata solo dalla lotta al terrore e dal fondamentalismo. Un’unione nata da questo non può essere positiva. Sogno. Ma temo l’incubo.
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Premettendo che non affido la mia spiritualità a nessuna forma di religione precostituita e che la violenza nelle sue forme, tra cui l'omicidio, sono da condannare a priori. Prima degli ultimi avvenimenti di Parigi non conoscevo Charlie Hebdo, ma adesso sono andato a documentarmi e pur nella mia ignoranza in materia mi sono fatto un'idea. Sono sempre stato del parere che quando una persona muore non si debba idealizzare ma ricordare per quello che era. Il gruppo Charlie Hebdo faceva una satira offensiva e irrispettosa, e, nonostante capisca che la satira per definizione debba esser grottesca e anticonvenzionale proprio per denunciare, non mi piace. Non giudico i contenuti della satira francese, spesso socialmente giusti e stimolanti, giudico nel mio piccolo la forma. Si è parlato di libertà di parola e pensiero, diritto inalienabile dell'uomo, e questi "attentati" li vedo vili al pari di certa mafia tutta italiana. Ma ricordiamoci che la mia libertà finisce dove inizia la libertà dell'altro e devo ammettere che una copertina in cui lo spirito santo fornica con dio e dio con Gesù una sorta di santa orgia (e questo è solo un esempio) appare al quanto irrispettoso delle libertà altrui. Ci sono vari modi per far violenza. Io non sono Charlie, come tutti scrivono idealizzando quel gruppo, io sono Claudio, un ragazzo che condanna la violenza e ama comprenderla e denunciarla in ogni sua forma, psicologica, fisica, etica, ideologica. Nessuna giustificazione per gli attentatori. Viva la libertà, che non ferisca l'altro però.
Viva la libertà senza però
"IO" SOGNO...CHE TUTTI....ABBIANO RISPETTO DI TUTTI....("PINO" SE QUALCUNO OFFENDE TUA MADRE...O TUO PADRE...TI OFFENDI. CERTAMENTE NON USI VIOLENZA...ED E' GIUSTO...MA ALLORA PERCHE' CONTINUARE AD OFFENDERE CHI CREDE IN COSE O SIMBOLI O DEI O SANTI...PRENDENDOLI IN GIRO...O USANDO LE LORO "IMMAGINI"...PER VENDERE "GIORNALI"...PERCHE'..???? LUNGI DA NOI IL PENSIERO DI ACCETTARE LE VIOLENZE...PERPETRATE DA TERRORISTI...CHE USANO "LA RELIGIONE"...PER GIUSTIFICARE LE LORO "IDIOZIE"..."JE NE SUIS PAS"...)