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Inchiesta sulla gestione parallela del cimitero di Vasto

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Mentre l’inchiesta va avanti, e i difensori contestano le nuove misure cautelari per due dipendenti coinvolti,  riemergono segnali del passato che c’era più di qualcosa da chiarire

Eterno riposo, così la Procura di Vasto ha chiamato l’inchiesta che – secondo gli inquirenti – ha documentato una presunta “gestione parallela” del cimitero di Vasto. Ipotesi di reato induzione indebita a dare o promettere utilità e vilipendio di cadavere. Nonostante gli indagati continuino a negare le accuse – affermando che “se qualche cittadino consegnava del denaro era una mancia” e di non svolgere nessun lavoro oltre il dovuto – il Procuratore Capo di Vasto ha dichiarato che le indagini hanno documentato ““una gestione parallela occulta e privatistica dannosa per il servizio pubblico”. “Tutto avveniva nell’ufficio all’interno del cimitero, dove i tre indagati ricevevano gli utenti colpiti dai lutti”,ha spiegato più volte il dirigente del commissariato, Fabio Capaldo, “pur di dare una degna sistemazione ai propri defunti, i cittadini accettavano di pagare in contanti le prestazioni richieste”. Nei quindici mesi di indagini la polizia ha approfondito gli accertamenti su presunte traslazioni illegali e riduzione in urne cinerarie di resti di cadaveri non ancora demineralizzati, a anche la tumulazione di più cassette nello stesso loculo, a volte anche all’insaputa dell’utente. Le indagini avevano portato a misure cautelari (successivamente revocate) nei confronti di tre dipendenti del Comune di Vasto e ad altri 14 iscritti nel registro degli indagati.

SEGNALI E SOSPETTI DEL PASSATO

Contestazioni dure sono arrivate dai consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle. L’inchiesta penale è stata definita dal gruppo locale “una confessione della incapacità della Giunta di esercitare il dovuto controllo sull’operato dei dipendenti comunali” sottolineando che “probabilmente qualcuno sospettava”. Dubbio suscitato dalla comparsa di un cartello all’ingresso del cimitero nel novembre scorso. “Tutte le operazioni in tombe, cappelle e loculi devono essere preventivamente autorizzate dal competente ufficio comunale” e “le relative tariffe devono essere corrisposte esclusivamente allo sportello economale di Palazzo di città. E’ fatto assoluto divieto di corrispondere per qualsiasi servizio effettuato somme in denaro a personale non autorizzato”, questi gli avvisi sul cartello. La sensazione che si respira da mesi in città, testimoniate da varie dichiarazioni: molti sospettavano e dicono che lo sapevano già, nessuno sembra stupirsi. E la domanda sorge spontanea: se tutti (o quasi) sapevano o sospettavano come è possibile che solo ora emerge tutto questo?

Nel novembre scorso, dopo l’affissione del cartello, l’assessore Barisano disse che era un provvedimento preso “in attesa del bando che verrà pubblicato entro una quindicina di giorni per l’affidamento del servizio cimiteriale a privati”. Il quotidiano Il Centro scrisse il 28 novembre 2017 che tra le lapidi e i loculi si aggiravano truffatori che si spacciavano per dipendenti comunali. Ma oggi sono nel mirino della magistratura dipendenti veri. Non sappiamo quali fonti e riscontri abbia il quotidiano, ma le frasi pubblicate il 28 novembre di due anni fa aprono a ben altri scenari. Qualcuno ha documentato questo? Si è rivolto, così come ha chiesto il commissario Capaldo, agli inquirenti? Ma i “segnali” non si fermano solo a qualche mese fa. Addirittura oltre 4 anni fa, il 24 gennaio 2014, “Il Nuovo Online” pose alcune domande all’allora amministrazione Lapenna. Domande che aprirebbero altri ulteriori scenari rispetto all’inchiesta “Eterno riposo”. Il quotidiano chiese i criteri di assegnazione loculi, chi incassa i soldi delle riesumazioni e se è vero che venivano fatte anche senza le necessarie autorizzazioni, in alcuni casi “con criteri clientelari? Se conosci vai in prima fila, se non conosci ti tocca l’ultima fila” e se avevi le giuste conoscenze veniva effettuata “velocemente, a volte anche subito dopo il funerale, anche il giorno di Natale oppure il 15 di agosto all’ora di pranzo”. Pesanti interrogativi che scaturirono dopo diverse segnalazioni giunte da cittadini. Anche qui la domanda è d’obbligo: i cittadini si sono rivolti anche alla Procura in questi 4 anni e 5 mesi?

La consigliera comunale Alessandra Cappa nei mesi scorsi con un’interrogazione in consiglio comunale aveva evidenziato quello che ha definito “degrado delle aree interne al cimitero e pessimo funzionamento dei servizi cimiteriali”: “mancanza di adeguata pulizia delle aree, mancato sfalcio dell’erba,  infiltrazioni di acqua in numerose aree del cimitero, mancanza di spazi adeguati alle richieste di sepoltura e ai campi di inumazione”. Cappa chiede, alla luce anche dell’inchiesta, di modificare il calendario delle tumulazioni aumentando i giorni disponibili. “L’indagine penale ha messo in luce che è stata proprio questa decisione – ovvero di effettuarle solo il martedì e il venerdì – a consentire certe operazioni sulle quali sta indagando la Magistratura perché a nessuno poteva andare a genio di lasciare in obitorio per periodi così lunghi la salma di una persona cara”.

Ma il mistero che più inquieta parte da ancora più lontano: il 4 aprile 2012 nel deposito comunale di San Leonardo furono ritrovate bare con ossa umane in mezzo ai rifiuti. Tredici mesi dopo invece, per la prima volta, furono ritrovate pezzi di bare in un cassonetto vicino il cimitero stesso. Per la prima volta perché una seconda segnalazione ci fu 10 mesi dopo. Grande clamore, interrogativi sulla stampa locale, immediato annuncio che sarebbe stata fatta chiarezza totale e rapida da Palazzo di Città. Allora. Sei anni dopo il primo ritrovamento, quattro anni dopo l’ultima segnalazione, non si hanno notizie di risvolti e accertamenti sulla vicenda. Ad oggi oltre l’inchiesta “Eterno riposo” non risulta esserci altro. Ma di domande senza risposte e di questioni da chiarire ne esistono molte.

Alessio Di Florio

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Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, collaboratore di Wordnews.it e referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora con Pressenza, Giustizia.info, QcodeMagazine, Comune-Info e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e "rotta adriatica" del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di "marcare" la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.

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Alessio Di Florio

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