In dirittura d’arrivo il nuovo-vecchio Codice Antimafia. Potranno essere sequestrati anche i beni dei corrotti
Torna per la terza volta alla camera il Codice antimafia, che non è più e solo antimafia, ma anche anticorruzione, nel senso che per i magistrati si apre un’altra prateria con la facoltà di estendere le norme di prevenzione ai reati di corruzione, peculato, concussione.
E quindi siamo al solito, ovvero alla possibilità di aggredire patrimoni la cui illiceità non è stata sanzionata da alcun processo penale, ma che può essere giustificata e avallata anche dal solito semplice sospetto. Sono insorti numerosi politici e giuristi, a cominciare da Raffaele Cantone, presidente dell’ANAC per continuare con Riccardo Nuti, componente grillino della Commissione antimafia, per finire con Fiandanca, grande costituzionalista palermitano, a fare rilevare l’anticostituzionalità del provvedimento, che entra in merito al diritto dell’individuo di non essere ritenuto colpevole sino a che non ci siano stati tre gradi di giudizio, ma è strano che ci si accorge di questa incostituzionalità solo adesso che bisogna tutelare i corrotti, mentre per i mafiosi tutto è stato giudicato lecito e costituzionale.
I mezzi d’informazione comunque si soffermano solo su questo e non su tutte le incongruenze che contiene questo nuovo codice, che in pratica in alcune cose peggiora il Codice passato del 2012. Prima stranezza è che gli amministratori giudiziari potranno essere scelti tra i dipendenti d’Invitalia o tra i nomi proposti da Libera, e quindi queste due agenzie diventeranno ancora più potenti, potendo decidere come amministrare i beni sequestrati. Insomma, diciamo altri posti di lavoro la cui disponibilità è sempre nelle mani dei potenti. Seconda incongruenza è che, come al solito, gli amministratori giudiziari non pagano e non pagheranno un euro per i danni arrecati alle aziende a causa della loro disamministrazione.
Ben poco è cambiato, a parte qualche tariffario facilmente aggirabile, sulle modalità di pagamento di amministratori e loro coadiutori: non sarà lo stato a pagarli, come dovrebbe essere naturale, dal momento che agiscono per nomina e in nome dello stato, ma continueranno a essere pagati dai proventi delle aziende, sino a quando queste non saranno prosciugate. Non si accenna con chiarezza alla durate e ai tempi del sequestro preventivo: si sperava che si poteva stabilire in tre mesi la durata e invece, con il solito giochetto dei rinvii da parte dei giudici si potrà continuare all’infinito. Idem dicasi per coloro che il tribunale incaricherà di effettuare le perizie sulla reale consistenza dei beni i quali potranno rinviare all’infinito i loro resoconti, anche per la mancanza di un certificato. Anche qui sappiamo che tra le consistenze stimate dalla DIA e la reale consistenza dei beni ci sono differenze abissali e che le cifre sparate all’atto del sequestro servono solo a creare consensi sia per chi li diffonde, parliamo dei giornalisti, sia per chi le indica.
Potremmo continuare a lungo: molte proposte sono state da questa emittente più volte indicate e inviate alla Commissione Antimafia, ma non sono state prese in considerazione perché, come ha insinuato qualche magistrato, non c’è alcun bisogno dell’antimafia di Telejato: l’antimafia la fanno solo coloro che ne hanno titolo, bollo, certificato, laurea e seggio. Forse, se tutto andrà bene e se non verranno presi in considerazione i vari emendamenti che dovrebbero essere presentati in fretta e furia, cioè entro oggi, il codice dovrebbe diventare legge entro la settimana prossima. In caso contrario ci sarebbe invece un quarto rinvio al senato e poi un altro rinvio alle camere secondo il solito ping pong che caratterizza l’approvazione di leggi controverse in Italia. Comunque, alla Camera la maggioranza ha i numeri e questa volta dovrebbe farcela, dopo avere ascoltato il relatore del PD Davide Mattiello. Dopo vedremo se tutto resterà come prima, se qualcosa cambierà in meglio o in peggio e se l’operato dei magistrati, dopo gli effetti devastanti dello scandalo Saguto potrà essere più attento, ma sempre in considerazione che loro e solo loro sono i depositari della giustizia, che non sbagliano mai e, se dovessero sbagliare, errare humanum est nessuno pagherà per gli eventuali errori commessi.