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Il racconto del primo anniversario della morte di Peppino Impastato

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Il ricordo di Peppino

Il racconto di quella giornata, che ho vissuto intensamente e alla cui realizzazione ho dato il mio contributo. La storia non si cancella, ma si scrive, e io sono uno di quelli che l’ha vissuta e l’ha scritta. Purtroppo, chi ha organizzato l’anniversario e il ricordo non ha ritenuto opportuno invitarmi a dare la mia testimonianza. I motivi mi sfuggono.

9 MAGGIO 1979

Ci abbiamo lavorato sodo. L’idea è quella di ricordare il primo anniversario della morte di Peppino con una manifestazione nazionale che, a partire dal lavoro di Peppino, possa fare tornare in primo piano i temi della mafia e delle sue collusioni. Un grande manifesto in caratteri rossi tappezza i muri. A Cinisi c’è molta agitazione, il paese pullula di agenti in divisa antisommossa e in borghese. Secondo alcuni compagni sono più di cinquecento.

Si dice che, durante la manifestazione, potrebbe succedere qualcosa di grave, che scenderanno dal nord terroristi, brigatisti ed esaltati di Autonomia Operaia. Mi assumo il compito di stare alla radio tutta la giornata. Scrivo col pennarello un messaggio da esporre a Cinisi e lo leggo in trasmissione:

Qui Radio Aut. I serpenti mafiosi tornano a sputare veleno. Hanno messo in giro la voce che durante la manifestazione succederà qualcosa per spaventare la gente e farla restare chiusa in casa. La brava gente di Cinisi può dormire tranquilla, non succederà niente che possa turbare i suoi sogni. Ringraziamo le forze dell’ordine, in borghese e in divisa, per la loro nutrita partecipazione. Così al corteo saremo di più. E non c’è bisogno di portare caschi, manganelli, scudi, mitra e macchine fotografiche nascoste. I criminali e gli assassini non siamo noi.

Abbiamo fatto sistemare, lungo il corso di Cinisi alcuni altoparlanti che diffondono la voce della radio. L’effetto è impressionante. Mentre comincia a sfilare il corteo mando in onda “Western a Mafiopoli” con inizio di spari e con la voce di Peppino:

E sì, siamo nei paraggi del Maficipio di Mafiopoli. È riunita la Commissione edilizia. All’ordine del giorno l’approvazione del progetto Zeta 11. Il grande capo Tano Seduto si aggira come uno sparviero nella piazza. Si aspetta il verdetto, si aspetta il verdetto…

Sfilano un migliaio di persone. C’è lo striscione di “Nuova Sinistra Unita”, lo striscione con uno slogan nato a Cinisi, “La mafia uccide, il silenzio pure”, e il nostro, che abbiamo portato durante il funerale: “Con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo”.

Gli slogan sono feroci:

  • “Compagno Peppino, sarai vendicato dalla giustizia del proletariato”;
  • “Badalamenti Boia”;
  • “La mafia che uccide non ci fa paura, la nostra risposta sarà più dura”;
  • “Badalamenti, vieni fuori adesso, te lo facciamo noi un bel processo”, con la mia voce isolata che aggiunge: “Nel cesso”.

Su un muro qualcuno scrive: “Badalamenti, per te non c’è domani”.

Il corteo si ferma davanti alla casa di Peppino, dove si affacciano Felicia, Fara e Felicetta col pugno alzato. È un’esplosione: “Peppino è vivo e lotta insieme a noi…”

Sulla piazza è esposta una mostra fotografica “Mafia oggi”, a cura di Letizia Battaglia e di Franco Zecchin. Umberto ce l’ha fatta a stampare il nuovo bollettino, “Accumulazione e cultura mafiose” che costituisce uno spaccato della situazione della mafia in Sicilia, per il quale ho scritto una minuziosa indagine su tutti i campi di accumulazione mafiosa tra Cinisi e Terrasini. Con Umberto ci siamo divisi i paginoni dei giornali “Lotta Continua”, su cui ho ricostruito l’evolversi del sistema mafioso, dalle coppole storte ad oggi, e del “Quotidiano dei lavoratori” dove viene elaborata e riproposta l’analisi sul concetto di “borghesia mafiosa”.

Sul palco, accanto agli interventi di Umberto Santino e Silvano Miniati, quello di Giovanni Impastato, che dice:

È stato un anno durissimo, ma abbiamo resistito. Chi preferisce subire ed arrendersi, chi vuole restare chiuso nella sua vigliaccheria e nel suo qualunquismo, chi, in tutto questo stato di cose ci sta bene, non fa altro che obbedire al ruolo che la mafia gli impone, per conservare se stessa. È un ruolo che noi ci rifiutiamo di accettare.

Quando Umberto Scende dal palco ci abbracciamo:

  • “Tutto questo è bellissimo e lo abbiamo costruito noi”.
  • “È la prima volta che succede in Sicilia. Speriamo che continui”.

Davanti alla casa di Peppino, un mazzo di fiori e un biglietto con la scritta:

A Peppino
Tu, come tanti compagni,
tu come noi,
tu che hai pagato con la vita,
tu che non sarai dimenticato,
tu che ci hai riempito gli occhi di lacrime e di rabbia,
a te dico:
Nulla resterà impunito.

Dal libro di Salvo Vitale “Cento passi ancora”, ed. Rubbettino 2014

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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