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Il processo Saguto torna a Caltanissetta: bisogna effettuare saldi e sconti di pena

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Il processo conclusosi il 28 ottobre 2020, cioè tre anni fa, con una storica sentenza di condanna della “banda Saguto” sembrava aver messo una pietra miliare nella storia della magistratura, in particolare di quella siciliana. Per la prima volta erano stati messi in discussione uomini, metodi, incarichi, onorari, affidamenti di consulenze, dell’ufficio misure di prevenzione di Palermo. E il tutto era partito da una piccola televisione di Partinico che aveva avuto il coraggio di entrare nell’operato della giudice attraverso interviste, inchieste, dichiarazioni, da parte di coloro ai quali era stato tolto tutto senza che fosse minimamente provata la loro vicinanza a Cosa nostra. In realtà Telejato aveva un obiettivo più alto, ovvero quello di rivedere la legge sulle misure di prevenzione e reincanalarla nei normali procedimenti penali, che sono quelli che determinano pene e assoluzioni con una sentenza. L’obiettivo è rimasto una speranza legata attualmente solo a una proposta presentata in Parlamento. Il processo è andato avanti, così come sono andate avanti le manovre per chiudere la scomoda voce di Telejato, attraverso un vero e proprio capolavoro ideato da alcuni settori delle forze dell’ordine e conclusosi con l’apertura di un processo a Pino Maniaci, collaterale a quello di Caltanissetta.

L’assoluzione di Pino Maniaci non è da considerare definitiva, perché il pm si è appellato alla sentenza e pertanto si dovrà procedere anche qua a un nuovo processo. Sembrava definitiva invece la vicenda della condanna della banda Saguto, quando è arrivata a sorpresa la sentenza della Corte di Cassazione di Roma, la quale ha deciso che le pene attribuite vanno rideterminate, a seguito di alcune considerazioni. Si dovrà perciò tenere un processo di appello bis, sempre a Caltanissetta per sistemare alcuni sconti di pena. Rispetto agli 8 anni e 10 mesi  bisognerà effettuare lo sconto per il reato di peculato, riqualificato in truffa aggravata, tentata concussione, riqualificata in induzione indebita e falso. È rimasto in piedi il reato di corruzione, ma con un po’ di buona volontà, si potrà cancellare anche quello. E poi altri sconti sono da determinare perché alcuni reati sono caduti in prescrizione. Sulle penali pecuniarie, cioè sulle cifre che ogni condannato dovrà pagare allo Stato, bisognerà fare pure qualche sconto sostanzioso. Forse rimarrà sotto sequestro in attesa di confisca, la casa della Saguto, così può rendersi conto di cosa vuol dire sequestrare i beni degli altri.

Conclusione; Abbiamo scherzato. Saguto è colpevole, ma un po’ meno: i suoi ex-colleghi hanno studiato il modo di non mandarla in galera, di invitare i loro colleghi di Caltanissetta ad effettuare saldi e sconti per tutti, da Cappellano Seminara, al marito della Saguto Lorenzo Caramma, al prefetto Francesca Cannizzo, agli amministratori Walter Virga e Roberto Santangelo, al colonnello della Guardia di Finanza Rosolino Nasca, al prof. dell’università di Enna Roberto Di Maria, che, con il chiarissimo prof. Carmelo Provenzano si sono adoperati perla laurea data a Emanuele Caramma, figlio della Saguto, anche lui condannato. E poi ci sono spiccioli di carcere per Maria Ingarao, moglie di Carmelo Provenzano e per la cognata Calogera Manta. Gratta gratta di tutte le indagini, le intercettazioni, gli incontri, i passaggi di denaro, le parcelle gonfiate, le responsabilità penali degli amministratori giudiziari, è rimasto ben poco, tanto per dire che qualcosa si è fatto e che non si poteva fare di più. Noi siamo invece convinti che si poteva davvero fare molto di più, soprattutto per un riadeguamento della legge sule misure di prevenzione, partendo dal presupposto che ai mafiosi si sequestrano pure le mutande, per i presunti mafiosi, la cui presunzione è affidata all’arbitrio di un giudice, bisogna valutare le garanzie costituzionali, sino ad arrivare a una sentenza penale. Tutto invece è rimasto fermo, con l’aggravante che esiste sempre qualche cretino che, ogni volta che si parla di cambiare la legge, è pronto a dire che chi propone ciò è amico dei mafiosi. Ma, appunto, si tratta di cretini.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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