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Il Gds ha deciso: Pino Maniaci sarà rinviato a giudizio, gli altri mafiosi di Borgetto non si sa

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Non sanno più cosa inventarsi. Adesso nel calderone “Kalevra” sono finite anche la querele per diffamazione.

Oggi il Giornale di Sicilia, il più noto quotidiano dell’isola, del quale da tempo sosteniamo che non va bene neanche per “ammugghiarici i sardi salati”, modo tipicamente terrasinese di indicare che si tratta di carta straccia, omaggia Pino Maniaci di un quarto di pagina, con tanto di fotografia in un’espressione che fa venire la depressione. La notizia non è che sono state chiuse le indagini sui nove mafiosi di Borgetto, diventati dodici, non è nemmeno quella di citare i tre nomi dei mafiosi che sono entrati nell’indagine, non è parlare dei motivi che hanno indotto gli inquirenti a intercettare politici e mafiosi borgettani dal 2013, ma è che “la procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per Pino Maniaci”.

Non sappiamo chi abbia dato questa notizia al giornalista che si firma CR. G, non si capisce perché non con nome e cognome, ovvero, Gianfranco Criscenti, trapanese, ma che dilaga anche su Palermo, dal momento che tra le sue amicizie c’è un altro giornalista, Michele Giuliano, che ha sporto denuncia per diffamazione, sempre nei confronti di Maniaci, e addirittura un’altra denuncia è stata ripescata tra le carte, ad opera dell’altro giornalista o quasi, Nunzio Quatrosi. Tutti giornalisti e tutti pronti a mettere alle corde un loro collega con il quale, in altri tempi alcuni  hanno lavorato e appreso il mestiere. Quindi la notizia del Giornale è che un giornalista cita le denunce di due suoi colleghi giornalisti contro un altro giornalista che è meglio non chiamare collega. Che Crescenti e Giuliano siano in stretta collaborazione si può rilevare dal tenore dei loro articoli sull’argomento, che sono praticamente uguali.

Ricapitolando: in un calderone unico, chiamato operazione Kelevra, nei confronti di alcuni mafiosi, sono state messe assieme la denuncia per presunta estorsione nei confronti del sindaco di Borgetto (300 euro più IVA), la denuncia per presunta estorsione nei confronti del sindaco di Partinico, 50 euro ogni tanto per comprare il latte a una bambina gravemente ammalata e qualche lavoretto per dare qualche soldo a sua madre, una denuncia da parte di Elisabetta Liparoto, presidente del Consiglio di Borgetto, tra quelli che sono stati in America, assieme al sindaco De Luca, a spese del Comune e sono stati accolti da amici e amici degli amici, che, per Maniaci erano mafiosi, ma per il sindaco di Borgetto erano persone onestissime, al punto che è scattata un’altra denuncia perché Maniaci ha infangato l’immagine del Comune di Borgetto, il quale quindi pagherà le spese penali. Ricapitolando sono sei denunce che non c’entrano niente con i mafiosi arrestati, quattro dei quali rilasciati, ma che finiscono per tutti, giornalisti, inquirenti, magistrati, col far parte dello stesso calderone per cucinare un minestrone nel quale bollire Pino Maniaci. Sembra incredibile, ma è così. Abbiamo trovato il vero Matteo Messina Denaro, lo avevamo tra di noi in contrada Timpanella e non ne sapevamo niente. E gli altri denunciati? Ma chi vuoi che se ne freghi!

Noi invece che non ce ne freghiamo rendiamo noto che uno dei nuovi inquisiti è Salvatore Brugnano, detto Totò, il titolare della grande stazione di carburanti che da qualche anno è stata aperta allo svincolo autostradale di Partinico. Sarebbe indagato per favoreggiamento poiché in una telefonata Nicolò Salto, quello che salta sempre, invita uno dei suoi scagnozzi a recarsi presso Brugnano per incassare il pizzo di 30 mila euro. Salvatore Brugnano ha riferito di non avere mai ricevuto alcuna richiesta estorsiva, anche se ha ammesso di conoscere Nicolò Salto, ma per i magistrati è indagato perché, forse ha pagato e non lo vuole ammettere. Oppure perché gli estorsori sono altri… Ahimè, per Crescenti e per Giuliano i 30 mila euro chiesti di un mafioso non fanno notizia, non ne parlano neppure, perché sono più importanti i 50 euro chiesti da Maniaci o le 2000 magliette che il Polizzi testimonia di non avere mai avuto commissionate. Michele Giuliano dimostra o fa finta di non sapere una cosa che in conferenza stampa ha ascoltato tutta Italia, ovvero che “il premio del cazzo” non era quello intestato a Mario Francese, ma di un premio a un “eroe dell’anno”: cioè davvero un “cazzo di premio”. Però, siccome tutto fa brodo, citare il più grande giornalista del Giornale di Sicilia per farlo infangare da Maniaci, è bello. Anche Claudio Fava è caduto in quest’errore.

Conclusione: una volta chiuse le indagini il GUP, che deve essere ancora nominato, deciderà se prosciogliere o rinviare a giudizio, prima il pericoloso criminale Maniaci Giuseppe e poi gli altri mafiosetti di contorno.  Il 14 ottobre invece la Cassazione si pronuncerà sulla reiterazione del divieto di dimora a Maniaci, ovvero se mandarlo di nuovo in ferie. Se qualcuno aveva dubbi sugli ultimi posti che l’Italia occupa per quanto riguarda la libertà di stampa nel mondo, in Sicilia se ne sta vivendo un esempio in diretta.


AGGIORNAMENTO DEL 05/08/2016 – nota di Gianfranco Criscenti

In riferimento all’articolo di Salvo Vitale, faccio presente che la mia sigla è ”gc” e non Cr. g, che sta per Cronache giudiziarie. Se Vitale avesse avuto l’accortezza di compiere una verifica avrebbe evitato di scrivere fandonie. Non voglio neppure replicare. Preciso però – e chiedo immediata rettifica – che non sono l’autore dell’articolo pubblicato dal GdS.

Gianfranco Criscenti

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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