La risonanza mediatica di quell’evento non è stata quella che oggi è stata data all’evento di Ostia, e non poteva esserlo, poiché la RAI è un’altra cosa, ma una riflessione è possibile: Per arrestare il fratello del boss di Ostia Spata è stato necessario alla procura inventarsi la giustificazione “mafiosa” del gesto, e bene hanno fatto, mentre questa non è stata considerata nel caso di Maniaci. E tuttavia, a seguito di quel gesto a Maniaci è stata data la “tutela”, della quale egli gode ancora oggi, dopo che da parte di una serie di forze istituzionali, (procura, carabinieri, giornalisti) nei suoi confronti è stata fatta una campagna di delegittimazione.
E quindi oggi Maniaci non è più citato né ricordato, mentre circola liberamente, dopo avere saldato i suoi conti con la giustizia, il suo aggressore. Dopo di ciò siamo sempre al solito problema: sino a che punto in Italia è possibile fare un ruolo d’inchiesta e di denuncia con tutti i rischi che ne derivano e fino a che punto i mezzi d’informazione sono disposti a “rischiare”, tenendo presente che spesso i giornalisti “con la schiena dritta” si trovano a confrontarsi con fascisti, mafiosi, violenti massoni, politici, magistrati, con il dubbio, che spesso diventa paura di rimetterci la pelle. Le ultime defenestrazioni dalla RAI della Gabanelli, di Giannini e di Giletti insegnano, ma loro sono ormai dei “nomi” e troveranno posto in qualche altra emittente di grande respiro, gli altri dovranno arrabattarsi nel loro piccolo e continuare giornalmente a pensare se è il caso di cambiar mestiere.
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