Giuseppe Acanto e la proprietà della transitività mafiosa
Giuseppe Acanto, dottore commercialista e revisore dei conti, è stato deputato del Biancofiore all’Assemblea Regionale Siciliana, voluto dall’allora Presidente Salvatore Cuffaro, dopo che Forza Italia ne aveva rigettato la candidatura, per una condanna per porto d’armi abusivo.
Primo dei non eletti, entrato a Sala d’Ercole sostituendo il maresciallo dei carabinieri Antonio Borzacchelli, finito in carcere, è stato per il biennio 2004-2006 deputato quale componente della Commissione Affari Istituzionali. Ha avuto un procedimento penale per associazione mafiosa, archiviato con sentenza del Tribunale. Gli investigatori del centro operativo DIA di Palermo hanno scoperto che Acanto avrebbe gestito dal suo studio di commercialista un vero e proprio tesoro, facente capo in gran parte al capomafia Nino Mandalà : beni e società per un valore complessivo di € 780 milioni di euro. Fanno parte di questo numerose cooperative servizi sociali, cooperative di assistenza domiciliare, cooperative di commercioall’ingrosso di frutta fresca e surgelata, ditte di costruzioni, nonché società di commercio e distribuzione di G.p.l. per autotrazione ed in bombole, il tutto in virtù della consulenza legale e contabile che Acanto avrebbe prestato dal 2005 al 2012.
Per una disinvolta estensione del principio di transitività, poiché Acanto era stato legale rappresentante e presidente del consiglio di amministrazione della Motoroil, anche se la società era stata sciolta e messa in liquidazione, , essendo Acanto presunto mafioso diventano presunti mafiosi tutti coloro che sono stati in società con lui, anche se titolari di altre società di cui Acanto non ha fatto parte, ma che vengono ugualmente sequestrate. E, per ulteriore estensione della transitività mafiosa, poiché la Motorgas aveva stipulato un contratto d’affitto dell’impianto di distribuzione di via Lanza di Scalea,n.565, con la Motoroil , e a sua volta la Motoroil aveva stipulato con Autogas di Parco Filippo un contratto d’affitto dell’impianto, per un periodo di sei anni, rinnovato, con scadenza al 2024, anche Parco Filippo e i suoi sei dipendenti diventano mafiosi, o sospetti mafiosi, o collusi.
Quindi il primo atto del Dr. Roberto Nicola Santangelo, nominato dalla D.ssa Saguto Amministratore Giudiziario, dopo aver licenziato parenti e preposti delle società, è stato quello di rescindere il contratto di appalto servizi e mandare tutti a casa, sostituendo con proprio personale di fiducia gli uomini che prima ci lavoravano. Naturalmente il mestiere non si impara in un giorno e pertanto si sono verificate una serie di disfunzioni, per non parlare della poca attenzione alle norme di sicurezza. Infatti bisogna sottolineare che il personale, prima di essere assunto, doveva fare un corso di specializzazione, ma non sembra che la cosa sia stata fatta. L’effetto domino si è anche allargato a tutte le altre concessioni relativi gli impianti di Caltanissetta c/da Firrio per la ditta Repoli Francesco con cinque dipendenti, Castellammare del Golfo (TP) SS 187 Km 38, 750 per la ditta Fuel Service di Monticciolo Marco con tre dipendenti e di Torrenova (ME) via Fragale per la ditta Fiocco Service Srl con due dipendenti.
Le ditte in questione, da parte loro, stanno impugnando la rescissione dei contratti, ma nel frattempo hanno già presentato esposti alla Procura della Repubblica ed agli Enti Istituzionali competenti, per la leggerezza mostrata dal Dr. Santangelo e dai suoi coadiutori nell’esercizio di distribuzione carburanti, per il mancato rispetto delle norme di sicurezza nei luoghi dove si commercializza un prodotto ad altissima pericolosità di infiammabilità ed esplosione. I pochi diretti dipendenti rimasti ricevono dall’Amministrazione Santangelo continue minacce per essere costretti ad abbandonare il posto di lavoro, così come accaduto ad un dipendente dell’impianto di Caltanissetta che si è visto ricevere, dall’oggi al domani, un ordine di trasferimento da Caltanissetta all’impianto di Castellammare del Golfo (ovvero a 500 Km di distanza dall’abituale posto di lavoro). Dopo una controversia legale, il dipendente è stato sospeso per cinque giorni, ed è molto probabile che farà seguito il licenziamento.
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