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Gioite per la liberazione di Greta e Vanessa, ma non dimenticate Giovanni e Padre Dall’Oglio

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A pochi giorni dal rilascio di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due giovanissime cooperanti rapite in Siria lo scorso luglio, la politica nazionale e l’opinione pubblica hanno focalizzato la propria attenzione sull’unico aspetto materialista della questione: il pagamento, o meno, di un riscatto.

Così, se il governo italiano si limita a non confermare né smentire le indiscrezioni che parlano del pagamento di una cifra vicina ai 12 milioni di euro per la liberazione delle due ragazze (una notizia che metterebbe in difficoltà il Paese a livello mondiale, visto il diktat imposto da Inghilterra e Usa, che hanno rifiutato categoricamente ogni tipo di trattativa con le milizie armate jihadiste, pagando con il sangue dei propri cittadini), l’Italia, fatta (o meno) la cosa giusta, non può permettersi il lusso di fermarsi a riflettere su quanto accaduto. Le due ragazze, infatti, non erano le uniche nostre connazionali nelle mani delle forze armate dello Stato Islamico. Come loro, da anni, non si hanno più notizie di Padre Paolo Dall’Oglio e Giovanni Lo Porto.

LE LORO STORIE – Padre Paolo Dall’Oglio, 60 anni, è un gesuita italiano. Negli Anni Ottanta è partito alla volta della Siria, per rifondare la comunità monastica cattolico-siriaca Mar Musa, affermandosi in terra araba come uno dei principali referenti per un dialogo interreligioso con il mondo islamico. Nel 2011, dopo aver scritto un testo in cui cercava di mediare pacificamente alle sommosse popolari che in quel momento sconvolgevano la Siria, gli è stata ordinata l’espulsione. Nel 2012 Padre Dall’Oglio ha lasciato il paese arabo, per fare ritorno in Italia, dove ha ottenuto il Premio per la Pace 2012, assegnato dalla Regione Lombardia. Nel 2013 il gesuita ha deciso di tornare in Siria, dove si è occupato inizialmente delle trattative per il rilascio di un gruppo di ostaggi a Raqqa. Proprio nel tentare di mediare con i rapitori, il 29 luglio 2013, è stato rapito da un gruppo di estremisti islamici vicino ad Al Qaeda. Il 12 agosto 2013, un sito arabo ha diffuso la notizia della sua morte, presumibilmente avvenuta in una foiba nella zona orientale della Siria. Una voce mai confermata dal governo italiano. Altre Fonti, tra cui France Catholique e la testimonianza diretta di Michel Kilo, sostengono che il gesuita sia ancora nelle mani dei suoi rapitori, un gruppo di militanti iracheni dello Stato Islamico.

Giovanni Lo Porto

Giovanni Lo Porto, 40 anni, è un cooperante umanitario che lavora per la Welt Hunger Hilfe, una ong tedesca. Il 19 gennaio 2012 è stato rapito in Pakistan, dove si trovava per fare il suo lavoro, ovvero ridare alloggi alle popolazioni colpite dall’alluvione del 2010. L’uomo è stato rapito insieme al collega tedesco Bernd Muehlenbeck, liberato lo scorso ottobre dalle forze speciali di Berlino. Lo Porto aveva studiato per anni prima di andare incontro alla sua passione per la filantropia: studi tra Londra e Giappone ed importanti esperienze sul campo prima in Croazia e poi ad Haiti, prima di giungere in Pakistan, dove era già stato anni prima.

LA SITUAZIONE – Venerdì, in occasione dell’annuncio in Parlamento della liberazione delle due ragazze, il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha ricordato entrambi i nostri connazionali ancora in mano dei miliziani, dichiarando che “sono due vicende alle quali lavoriamo con discrezione giorno per giorno”. Un segnale di speranza, perché, a distanza di tre anni, anche loro possano tornare a riabbracciare i propri cari.

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Redazione

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