Il boss è morto nel suo letto, dopo essere stato più volte condannato agli arresti domiciliari, sia per l’età già avanzata, sia per una serie di malattie certificate, e quindi per precarie condizioni di salute, che tanto erano precarie da consentirgli di arrivare alla rispettabile età di 94 anni. Non appartiene alla categoria dei pentiti e su di lui ci sarebbero da scrivere libri, nel senso che rappresenta la memoria storica di tutto quello che è successo in un vasto territorio che da Montelepre arriva a San Giuseppe Jato, a Piana degli Albanesi, a Giardinello, a Camporeale e persino a Monreale. Sia pure a fasi alterne, Lombardo è stato uno degli esponenti di spicco della mafia locale e, col tempo è diventato una sorta di patriarca, il cui parere è stato ritenuto indispensabile per procedere a qualsiasi azione. Le sue lontane frequentazioni risalgono al tempo del bandito Giuliano e da allora, attraverso figure collaterali, o direttamente attraverso il nipote Giuseppe Lombardo non ha cessato di estendere il suo velo protettivo di controllo sul territorio circostante.
Davanti alla tristezza di un funerale ridotto a una piccola cerimonia religiosa, il pensiero corre ai funerali dei mafiosi di una volta, tipo il Padrino, quando le corone di fiori con i nomi dei boss erano lunghe per chilometri, tutti i malandrini della zona sfilavano per l’ultimo omaggio, in vestito e cravatta e porgevano il bacio di rito ai parenti per esprimere condoglianze e vicinanza. Bei tempi. Belli anche per la polizia che aveva opportunità di fotografare tutti e di farsi un’idea di tutto quello che bolliva in pentola.
Oggi qualche volta capita ancora che un aereo lanci dall’alto petali di fiori o che qualcuno baci la mano e lecchi il culo al boss arrestato, o che la statua della madonna faccia l’inchino.
Ma è necessario farsi una domanda: ci vuole una disposizione del prefetto o del questore, per proibire queste cose, o i siciliani, i napoletani, i calabresi, dovrebbero già, per loro scelta, smetterla con queste pagliacciate?
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