Forse si apre una breccia nel muro impenetrabile delle sezioni fallimentari. Non a Palermo, dove tutto è a posto e funziona a meraviglia, ma a Caltanissetta, dove, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica, i finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria e i carabinieri hanno arrestato Flavio Rotondo, 30 anni, figlio del cancelliere del Tribunale e dipendente occulto dell’Istituto vendite giudiziarie di Caltanissetta e Catania, finito ai domiciliari, il padre Orazio Rotondo, 60 anni, cancelliere del Tribunale nisseno, sospeso dall’esercizio del pubblico ufficio, assieme a Gianluca Princiotto, 42 anni, direttore dell’Istituto vendite giudiziarie di Caltanissetta e Catania, e a Umberto Amico, 51 anni, dipendente dell’Istituto vendite giudiziarie di Caltanissetta. L’indagine era stata avviata un anno fa, è stata estesa anche a Roma, Messina e Catania e ha accertato vari episodi di truffa aggravata, corruzione, turbata libertà degli incanti, peculato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, sino ad individuare anche spaccio di sostanze stupefacenti. Non si conoscono i dettagli, ma i carabinieri parlano di “violazioni di carattere penale” che riguardano la vendita mediante procedura pubblica di beni sottoposti a pignoramento, nelle quali hanno avuto un ruolo centrale le persone oggi arrestate o sotto indagine, tutte operanti o collegate con la sezione fallimentare del tribunale.
Quello delle curatele fallimentari è uno dei settori “blindati” degli uffici giudiziari di tutta Italia, intorno ad esso ruotano una serie di interessi che coinvolgono magistrati, avvocati, società, associazioni, meccanismi perversi, giri impressionanti di denaro e metodi di arricchimento e di speculazioni rispetto ai quali ogni immaginazione è ben lontana dalla realtà. Avevamo preannunciato, dopo avere messo in luce tutto quello che stava avvenendo all’ufficio misure di prevenzione, che ci saremmo occupati dell’argomento, ma, per una strana coincidenza, pochi giorni dopo l’annuncio, sulle spalle di Telejato è caduta la bomba dell’operazione Kelevra, che ha bloccato la nostra intenzione, anche perché gli informatori e le vittime di questo sistema, che avrebbero potuto darci elementi concreti di denuncia si sono dissolti.
Riproponiamo un articolo scritto da Salvo Vitale nel giugno 2016, che doveva essere l’inizio del racconto di alcuni casi di gente messa sul lastrico dalle manovre di tutto il complesso e “perfetto” sistema del mondo dei fallimenti:
Sezione Fallimenti: come funziona?
Cominciamo dall’inizio: Quando un’azienda o una società è in crisi o in stato di insolvenza, o decide, per particolari motivi commerciali di attivare la procedura fallimentare, i libri contabili finiscono in Tribunale. In genere il pubblico ministero, designato dal Presidente, chiede il fallimento nel corso di un procedimento penale, specialmente se un creditore presenta un ricorso a seguito dichiarazione di fallimento. Inizia una fase prefallimentare per valutare la situazione economica dell’azienda o del bene in questione sino al momento in cui il Tribunale dichiara il fallimento, nomina il giudice delegato che a sua volta, a sua discrezione sceglie un curatore, fra gli iscritti all’ordine degli avvocati e dei commercialisti, con il compito di garantire l’interesse dei creditori mettendo in vendita il patrimonio del fallito. La sua parcella parte da un minimo di 800 euro circa e varia in base al rapporto attivo-passivo di tutta l’operazione: ci sono fallimenti “vuoti”, che non rendono nulla, ma può esserci la messa in vendita dei gioielli di famiglia e di tutto ciò da cui si possono tirar fuori soldi, dalle case alle macchine, dai mobili agli oggetti più insignificanti. Nella sua attività il curatore si avvale di consulenti. Sono altri avvocati che seguono le cause legali innescate dal fallimento, tecnici per le perizie sugli immobili e sul patrimonio in generale, esperti contabili. Insomma, c’è da mangiare per un bel po’ di gente. C’è un giro preciso di studi legali, di commercialisti, di azionisti che dispongono del denaro per l’acquisto, di imprese edilizie pronte a ristrutturare gli immobili e a rivenderli a prezzi che, in alcuni casi, superano di ben 100, 200 volte la cifra d’acquisto. Addirittura c’è gente che decide a tavolino il bene immobile di cui appropriarsi, studia il modo in cui portarlo in fallimento, rilevando, in alcuni casi anche i debiti bancari o fiscali del malcapitato e mettendolo nelle condizioni di contentarsi di pochi spiccioli e togliersi di mezzo per evitare guai. Si tratta di fallimenti provocati, ma ci sono anche quelli pilotati, decisi a tavolino, dal giudice, dal fallito e dalla banda di coloro che conoscono tutti i vantaggi, le regole, i sotterfugi, le documentazioni opportune, le sanatorie, le concessioni di prestiti per chi voglia acquistare. La scelta dei collaboratori spetta esclusivamente al curatore che l’ultima riforma del settore ha investito di pieni poteri. Il Tribunale interviene al momento di autorizzare la liquidazione finale delle parcelle, ma ha l’obbligo di vigilanza sull’attività del curatore.
Il curatore convoca i creditori e i suoi collaboratori, per rendersi conto del valore di ciò che è andato in fallimento e di quanto può essere risarcito da chi vanta dei crediti. La prima asta in genere va deserta, in modo che il bene, per la seconda asta si svaluta del 20%, e così ad ogni nuova asta. Ad acquistare si presentano coloro che sanno dell’esistenza dell’asta, che teoricamente è pubblica, ma bisogna starci dietro, sapere quando è bandita e quando si può acquistare, cioè fare questo lavoro di sciacallaggio. Da più parti ci è stato riferito che, il giorno dell’asta, davanti la porta del tribunale in cui questa si tiene, si aggirano alcuni individui che cercano di dissuadere eventuali compratori, poiché l’asta deve essere vinta dalla persona che ha deciso di vincerla e con l’offerta che costui ha deciso di fare. Eventualmente fossero presenti altri concorrenti, si avvia un gioco al rialzo, per scoraggiare i nuovi partecipanti, e poi, una volta che costoro non possono più rilanciare, per una questione o per un’altra c’è il modo di interrompere l’asta, di rimandarla a nuova data, per non parlare del ruolo del giudice, il quale può anche disporre un accertamento, da parte della guardia di Finanza, per verificare se i soldi dell’offerta di colui che ha acquistato, ma non era messo nel conto, sono di provenienza legittima, sono “tracciabili” e se su di essi si può gettare l’accusa di riciclaggio di denaro mafioso. Esiste, assieme all’asta una sorta di trattativa diretta tra l’acquirente il curatore, ma questa è un’altra pagina di cui ci occuperemo più in là.
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