Due anni fa moriva, in un incidente aereo, il grande archeologo siciliano Sebastiano Tusa. La sua grande competenza dei luoghi e della storia della Sicilia lo portò ad occuparsi anche del Molinazzo, la contrada di Cinisi dov’è oggi l’aeroporto di Punta Raisi. In questa zona, a seguito di alcuni scavi condotti con il contributo di Sebastiano Tusa, vennero rinvenuti i ruderi di un porticciolo romano, le vasche per il garum, e alcune “tombe a grotticella”, risalenti all’età del rame. Altre testimonianze archeologiche sono state rinvenute da Beni Giambona. Di questo parlo nel mio recente libro “Mulinazzo“, dove è pubblicata anche questa pagina di Sebastiano Tusa che voglio riportare per ricordarne la figura e l’opera. (S.V.)
Le tombe
La tomba a grotticella nasce alla fine del V millennio e ha lasciato molti segni nel palermitano e alcuni segni anche in questo territorio, a Torre Molinazzo. Proprio vicino alla torre noterete alcuni buchi nella roccia, buchi molto erosi per la pressante azione degli agenti atmosferici. In quei buchi scorgerete delle forme che richiamano proprio il pozzetto e la grotticella. La prima forma di tomba è costituita da un pozzetto cilindrico che veniva scavato sulla superficie orizzontale della roccia da cui poi si accedeva ad una grotticella scavata anch’essa nella roccia. Ebbene, a Torre Molinazzo vi sono tracce di questi scavi, proprio non lontano dal mare: quasi certamente sono scavi pertinenti a tombe dell’Età del Rame.
Il garum
I Romani erano particolarmente ghiotti di una pietanza, che forse a molti di noi farebbe storcere il naso, il garum. E’ una salsa di pesce prodotta dalla macerazione naturale o indotta mediante sale, di pesce più o meno selezionato. C’erano tante qualità di garum: quello di prima qualità, di seconda, di terza, di quarta: c’erano varie tipologie, a seconda del tipo di pesce utilizzato, a seconda della finezza del prodotto finito, della presenza, più o meno di parti solide, come resti di lische, di squame e via dicendo….Questo garum si produceva mettendo del pesce a macerare al sole in vasche scavate nella roccia o costruite, o comunque intonacate con cocciopesto, vasche in cui questo pesce diventava poltiglia. Veniva poi messo nelle anfore, in genere a collo largo, veniva poi caricato sulle navi e portato nei mercati. C’era un commercio abbastanza rigoglioso di questo prodotto. Troviamo questi stabilimenti nella Spagna meridionale, nel nord Africa, in Italia meridionale, fino a torre Astura, cioè, grosso modo fino a Roma, nei Balcani meridionali e in Grecia, ma soprattutto in Sicilia. Torre Molinazzo è uno di questi stabilimenti che si trovano a distanza ravvicinata. Il più vicino è a Isola delle Femmine. Poi vi è quello della Tonnara del Secco di San Vito Lo Capo e infine quello di Calaminnola di Levanzo…. Esiste una singolare coincidenza topografica di alcuni di questi stabilimenti con le tonnare (ndc). Torre Molinazzo ha una peculiarità: ha delle vasche quadrate, ma ha anche una vasca circolare (sono molto rare le vasche circolari)…la presenza di ceramica ellenistica del 3°- 2 secolo a.c. ci permette di dire che questo impianto, grosso modo cominciò a lavorare nel 3° secolo a.c. e andò avanti sino al 2°-3° secolo d.c.
Sebastiano Tusa
Tratto da “Terrasini e dintorni”, Atti della conferenza di Siciliantica, Terrasini 3.7.1999
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