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Dissesto: la manna è finita

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Pagheranno i cittadini, ma non sarà vita facile per i creditori, per i dipendenti comunali, per gli enti “non indispensabili”, per gli amministratori presenti e passati.

Ormai sta diventando una moda: o meglio una condizione comune di molti enti locali. Il 16% degli enti locali siciliani è in dissesto. È di stamane la dichiarazione di dissesto del comune di Monreale, approvata dal Consiglio Comunale, che, secondo il sindaco Piero Capizzi si trascina da vent’anni e della quale non sarebbe responsabile la sua amministrazione. La cosiddetta “terna arbitrale”, ovvero i tre commissari che dovranno predisporre il bilancio si occuperanno soprattutto dei debiti pregressi, mentre l’amministrazione gestirà il corrente. Ed è ufficiale la dichiarazione di dissesto del comune di Borgetto, deliberata dai tre commissari che sostituiscono l’amministrazione sciolta per infiltrazioni mafiose. A Partinico siamo in attesa che il Consiglio Comunale approvi la dichiarazione di pre-dissesto, già ratificata dal Commissario che sostituisce l’Amministrazione. Con ogni probabilità si tratta del primo passo che dovrà poi concludersi con la dichiarazione di dissesto, della quale dovrà occuparsi il nuovo Consiglio Comunale, atteso che la data per le prossime elezioni comunali è stata fissata al 19 giugno.

Attenzione, guardare agli altri che si trovano, nei guai, non è un modo per consolarsi.

Un terremoto economico e politico

Il dissesto provoca una sorta di terremoto nel mondo economico finanziario e in quello politico. Partendo dal presupposto che bisogna garantire la continuità amministrativa, il Comune opera in amministrazione controllata, ripartendo libero dai debiti, ma libero anche dai crediti e dal suo patrimonio, che verranno ceduti per consentire la liquidazione. Tutto quel che riguarda il “pregresso”, cioè la situazione dei debiti passati, viene estrapolato dal bilancio comunale e trasferito alla gestione straordinaria che provvederà  alla liquidazione entro il 31/12 dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, anche se altri debiti venissero accertati successivamente.

Il dissesto si verifica quando, secondo l’art. 244 del Testo Unico sull’ordinamento locale, un ente non è più in grado di assolvere alle “ordinarie” funzioni ed ai servizi definiti indispensabili, quando nei confronti dell’Ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del riequilibrio di bilancio né con lo strumento straordinario del debito fuori bilancio.

Si tenga presente che la situazione debitoria del Comune che non ha preparato un piano di rientro aumenta giornalmente a causa degli interessi passivi sul debito. I mutui saranno rinegoziati allungando i tempi di pagamento ma aumentando le rate, le finanziarie erogheranno prestiti ad interessi del 14%;

Le regole per ripianare i debiti

Nel momento in cui viene dichiarato il dissesto del comune, sindaco, giunta e consiglio restano in carica ma sono coadiuvati da una commissione espressamente designata dal Ministero degli Interni. La commissione si occuperà del disavanzo pregresso, mentre l’amministrazione gestisce il bilancio “risanato”. Nel caso di mancata approvazione del bilancio di previsione, (prevista per fine maggio) da parte dell’amministrazione, quando questa è in carica, si andrà al commissariamento del Comune.

Viene chiesto all’Ente locale di “contribuire” al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti eccezionali.  L’Ente dissestato deve approvare un nuovo bilancio, che preveda una elevazione delle entrate al livello massimo consentito dalla legge, vale a dire che tutte le tasse comunali (IMU, addizionale comunale, TARSU) saranno aumentate al massimo di quanto previsto dalla legge, con l’approvazione ma saranno fissate anche disposizioni sul contrasto all’evasione e sul contenimento di tutte le spese.

Il capitolo più consistente sui tagli interessa il personale comunale nella misura di 1 su 93, pertanto da questa procedura scaturiranno esuberi di personale che verrà posto in mobilità. Tenuto conto che Partinico ha 32.000 abitanti, secondo tale parametro sarebbero sufficienti 320 impiegati e quindi un centinaio di essi dovrebbero andare in mobilità.

Il comune è altresì tenuto a contribuire all’onere della liquidazione in particolare con l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, con la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, e con la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio.

I provvedimenti da adottare in materia di personale e di tributi locali sono ritenuti così pesanti che gli enti arrivano il più delle volte alla dichiarazione di dissesto solo quando, a seguito delle azioni esecutive dei creditori che pignorano le somme della cassa comunale, non è più possibile pagare neppure gli stipendi al personale dipendente.

Chi paga

Una volta dichiarato il dissesto, la Corte dei conti dovrebbe individuare i responsabili del dissesto, imputando loro i danni per dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario. Si tratta ovviamente di amministratori che, riconosciuti responsabili non potranno ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali o di rappresentante di tali enti presso istituzioni, presso organismi ed enti pubblici o privati. L’interdizione temporanea dai pubblici uffici può essere considerata una sanzione accessoria ed automatica a quella principale della condanna patrimoniale.

Ma a pagare il conto sono anche i creditori, che vedranno cristallizzare i debiti, i quali non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria: saranno estinte le procedure esecutive in corso, con conseguente inefficacia dei pignoramenti eventualmente eseguiti, e non saranno più consentite azioni esecutive nei confronti dell’ente.

Ma il peso più grande, inevitabilmente grava sulle spalle dei cittadini. Infatti nel piano di bilancio, che dovrà essere allegato alla delibera di dissesto dovrà essere indicata la previsione di aumento delle imposte, delle tasse e dei canoni patrimoniali nella misura massima consentita dalla legge, con il recupero della base imponibile totalmente o parzialmente evasa. Sugli immobili sarà applicata l’aliquota massima del 7 per mille con l’obbligo di riscuotere celermente i proventi derivanti dal rilascio delle concessioni e la copertura integrale dei costi di gestione del servizio per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Saranno eliminati i servizi non indispensabili, saranno contenuti altri livelli di spesa. Indispensabile l’indicazione delle rate di ammortamento conseguenti al consolidamento dell’esposizione debitoria con la Cassa Depositi e Prestiti e con altri enti, oltre che il rimborso delle risorse assegnate dal Ministero dell’Interno per il trattamento economico del personale posto in disponibilità.

Si dovrà provvedere al contenimento delle perdite di gestione degli enti ed organismi dipendenti dall’Ente Locale nonché delle aziende municipalizzate, provincializzate, consortili e speciali, entro limiti compatibili con il bilancio riequilibrato dell’ente e sino al definitivo risanamento del bilancio. Per i servizi a domanda individuale l’Ente è tenuto ad approvare le tariffe che assicurino la copertura del 36% dei costi complessivi dei servizi con i soli proventi degli utenti. Quindi ci ritroveremo dentro l’applicazione dei livelli massimi di legge per le tariffe relative a tutti i tributi (imposte, tasse, oneri di urbanizzazione e canoni o diritti), e ai canoni patrimoniali, con il conseguente recupero della base imponibile in presenza di fenomeni di evasione. Per non parlare della rideterminazione della pianta organica, che deve ispirarsi a criteri di funzionalità ed efficienza nell’erogazione dei servizi, assicurando prioritariamente quelli indispensabili. Insomma si prospettano tempi duri, anche per i futuri amministratori e ci si aspetta che a pagare non siano sempre i soliti fessi.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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