La notizia ha dell’incredibile e lascia inevitabilmente il posto a una domanda: esiste più uno stato di diritto in Italia? Indubbiamente non c’è più alcuna legge né alcun soggetto che la fa applicare, se due famiglie, con tutti i loro problemi, occupano un bene confiscato e cacciano l’associazione cui è stato assegnato. In pratica qualsiasi cittadino può così arrogarsi il diritto di confiscare allo stato ciò che lo stato ha confiscato alla mafia.
È accaduto in contrada Ciaculli, alla periferia di Palermo, in quello che una volta era il feudo dei Greco e, per questo pezzo di terreno, del mafioso Prestifilippo:
Tra gli alberi di mandarini, il tardivo di Ciaculli, otto anni fa era nato il progetto Mandarinarte. Un bene confiscato ai mafiosi era diventato uno spazio di utilità sociale, dove si producevano marmellate, dolci e liquori, e si coltivava la memoria grazie anche a un finanziamento di 340 mila euro ricevuto dalla Fondazione con il Sud. Mandarinarte organizzava giornate di incontri per spiegare, soprattutto ai ragazzi delle scuole, che esiste una possibilità di riscatto in terra di mafia.
A gestire il progetto Roberto Resga, che è anche presidente dell’associazione Acunamatata, originario di Pavia, ma che a Palermo, ha trovato lavoro e famiglia e vi ha trascorso metà dei suoi 62 anni. Nell’immobile di Ciaculli ha investito soldi, tempo e passione. Solo che il 6 dicembre due famiglie di abusivi, probabilmente originarie del rione Brancaccio, hanno forzato l’ingresso e occupato la struttura di via Funnuta.
Nello spazio di pochi giorni è stato distrutto tutto quanto era stato pazientemente realizzato in anni di lavoro, macchinari, utensili:
“È stata bruciata persino la cartellonistica e la segnaletica”. Gli abusivi hanno azzerato il progetto alla radice. Quel luogo adesso è casa loro: “Il 6 dicembre sono arrivate due famiglie. Una con tre bambini e l’altra con una donna incinta. Alle dieci di sera hanno sfondato le porte del piano superiore, dove facevamo attività con le scuole in collaborazione con l’associazione Solidaria e si sono autodenunciate”. Hanno composto il 112 per fare sapere ai carabinieri che da lì non se ne sarebbero andati. Poi, sono pure arrivate altre persone.
Resga ha scritto al Comune, alla Prefettura e si è rivolto anche alla Procura della Repubblica, ma senza ottenere risposta, nessuna azione.
“Peccato perché si faceva antimafia vera, senza chiacchiere”. Non sembra il tipo che fa suonare inutili campanelli di allarme. Qualche domanda, però, se l’è posta. “Quello che è accaduto è strano, strano davvero”, dice Resga. Racconta del buon rapporto con la gente di Ciaculli. Mandarinarte accoglieva gli anziani, ospitava la celebrazione delle messe e, perché no, momenti si svago. Una grigliata può valere mille volte di più di noiosi discorsi. Mai ricevuto minacce o intimidazioni. L’unico episodio da segnalare è stato il furto dei cavi di rame. Che può accadere, anzi accade in mille altri posti della città.
Per i ragazzi dell’associazione destinataria del bene invece c’è un’altra considerazione: fare antimafia sociale è molto più difficile che fare antimafia da vetrina.
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