Nuova udienza ieri al tribunale di Palermo, di quella che fu l’operazione Kelevra, ora diventata solo Processo a Pino Maniaci. Sono stati ascoltati alcuni testi in una sorta di replica d’un testo originariamente scritto dai militari della caserma di Partinico, poi accettato dalla Procura di Palermo, nel tentativo, neanche troppo nascosto, di creare un “reo”, di costruire su di lui capi d’accusa, cercando di utilizzare momenti e frasi per arrivare, in prima ipotesi, alla chiusura dell’emittente, in seconda battuta alla condanna del suo direttore per un qualsiasi reato, purché sia condanna.
I testi ascoltati ieri hanno replicato la scena cui si è assistito nella passata udienza con il sindaco De Luca, ovvero non ricordo, in realtà la cosa era diversa da come avevo detto e verbalizzato, il mio comportamento era pulito e trasparente e se il comune è stato sciolto per mafia, è vero che i suoi amministratori sono stati assolti, sia perché non sapevano niente, neanche di essere indagati, sia perché la magistratura può decidere cose diverse dalla prefettura e dal ministro.
E quindi i testi, da Vito Spina, a Gioacchino De Luca, a Panettino, hanno cercato in tutti i modi di arrampicarsi sugli specchi, di inventare passaggi di assegni mai staccati, di ipotizzare minacce e uso estorsivo dell’emittente Telejato, alle quali non si è trovato riscontro nei telegiornali.
Un teste ha negato di avere mai detto le cose che erano verbalizzate a suo nome. Il piccolo panetto si è autodefinito addetto stampa del sindaco e ha sostenuto che De Luca è stato assolto dall’accusa di concorso in associazione mafiosa, suscitando la ferma opposizione dell’avvocato Ingroia, il quale ha sostenuto che il sindaco e i suoi soci erano stati “archiviati”, non assolti e che in tal caso l’inchiesta si potrebbe riaprire in qualsiasi minuto. In realtà è forte il sospetto che questa archiviazione sia stata anch’essa portata avanti onde evitare che i testi di accusa si trovassero sullo stesso banco dell’imputato, come coimputati, è troppo forte e lascerebbe supporre una sottile strategia del magistrato d’accusa per arrivare, in un modo o in un altro a incastare Roger Rabbit, pardon, Maniaci.
Alcuni militari sono stati convocati per testimoniare che non c’erano al momento della consegna della denuncia di Maniaci, nella quale si ipotizzava un possibile autore dell’uccisione dei suoi cani. Insomma, difficile trovare riscontri chiari e precisi all’approssimazione con la quale si è imbastito un capo d’accusa contro Maniaci, senza un valido riscontro delle prove. Man mano che il processo va avanti è facile rendersi conto, anche ascoltando le trasmissioni su Radio Radicale, che si sta processando un fantasma e che si è cercato in tutti i modi di dare un’identità di reato a tutta una serie di comportamenti che, nella vita quotidiana costituiscono, per ogni individuo, un normale modo di essere.
Aspettiamo il resto, che avverrà giorno 10 luglio, data della prossima udienza.
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