Nella lunga inchiesta venivano descritte alcune vicende che avevano interessato la vita politica, sociale, economica ed amministrativa della piccola cittadina della costa tirrenica del messinese (speculazioni immobiliari dalle devastanti conseguenze ambientali e paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008, ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
Il 24 agosto 2012, una settimana dopo la pubblicazione dell’inchiesta, la Giunta comunale di Falcone con il Sindaco avv. Santi Cirella e gli assessori Pietro Bottiglieri, Giuseppe Battaglia e Giuseppe Sofia, deliberò – onde tutelare l’immagine e la rispettabilità del paese – di conferire l’incarico all’avv. Rosa Elena Alizzi del foro di Barcellona per sporgere querela nei confronti di Antonio Mazzeo. Il 7 febbraio 2013, il Pubblico ministero Francesca Bonanzinga depositò una richiesta di archiviazione per il giornalista, contro cui fu presentata opposizione da parte della legale del Comune. L’8 luglio 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti, dott.ssa Ines Rigoli, decideva di rigettare la richiesta di archiviazione e ordinava al Pm di formulare l’imputazione a carico del giornalista. Quattordici giorni dopo la Procura di Patti disponeva il rinvio a giudizio e fissava l’apertura del processo per il 10 dicembre.
Nella sua richiesta di archiviazione, il Pm Bonanzinga aveva riportato che Antonio Mazzeo, “seppur utilizza toni particolarmente forti ed espressioni suggestive, a parere di quest’ufficio, non travalica il limite di critica politica/storica posto che nella ricostruzione della storia del Comune di Falcone richiama fatti da sempre ricollegati al paese nonché problematiche sociali che attengono alla realtà del territorio locale”. “Nel caso di specie – proseguiva il Pm – la critica mossa dal giornalista non si risolve in un attacco sterile e offensivo nei confronti del denunciante ma in una amara riflessione sulla storia del Comune di Falcone, ove, il denunciante viene menzionato solo perché facente parte della gestione dell’Amministrazione Comunale”. Per tutto questo, concludeva la dott.ssa Bonanzinga, “non sussistono, pertanto, elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dell’odierno indagato”.
La penetrazione criminale nel tessuto sociale di quella parte della fascia tirrenica del messinese che da Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto si estende sino a Furnari, Falcone e Mazzarrà Sant’Andrea è stata documentata in centinaia di atti giudiziari, ordinanze di custodia cautelare, operazioni antimafia e sentenze anche passate in giudicato (vedi ad esempio quelle scaturite dalle operazioni Mare Nostrum, Torrente, Vivaio, Gotha, ecc.). Numerose indagini hanno poi accertato come ville e villini a Falcone e nel vicinissimo villaggio turistico di Portorosa (Furnari) siano stati utilizzati nel tempo come comodi rifugi per le latitanze di boss e gregari di mafia, anche provenienti dal palermitano e dal catanese. A Falcone, in particolare, ha risieduto stabilmente il mafioso Gerlando Alberti Junior, condannato in via definitiva per aver assassinato, nel dicembre del 1985, la diciassettenne Graziella Campagna di Saponara, testimone inconsapevole degli affari di droga e armi della borghesia mafiosa peloritana. Fatti storici inconfutabili dimenticati dagli odierni amministratori di Falcone, come è stato pure ignorato che gli ultimi tre reggenti della brutale cosca operante tra Patti, Furnari, Mazzarrà e Montalbano Elicona, alleata della mafia barcellonese (in ordine, Carmelo Bisognano e Santo Gullo, odierni collaboratori di giustizia, e Salvatore Calcò Labruzzo, condannato all’ergastolo in primo grado il 19 dicembre 2014 al processo Gotha-Pozzo 2) sono nati o hanno risieduto per periodi più o meno lunghi proprio a Falcone, dove, tra l’altro, hanno pure insediato alcune delle loro attività economiche più o meno lecite.
Nel decreto di citazione a giudizio di Antonio Mazzeo, il Tribunale di Patti afferma altresì che egli avrebbe offeso “l’onore e il decoro di Cirella Santi, quale Sindaco del Comune di Falcone”, perché nell’inchiesta giornalista pubblicata nell’estate 2012 compare in particolare l’affermazione che “a Falcone si sospetta che Salvatore Calcò Labruzzo possa aver condizionato l’esito delle elezioni comunali del 29 e 30 maggio 2011, che hanno confermato Sindaco l’avvocato Santi Cirella (…) Malavitosi, per lo più sconosciuti agli ambienti falconesi, avrebbero percorso il paese, casa per casa, per fare incetta di voti…”. Ebbene, quanto allora riportato dal giornalista, era stato più volte denunciato pubblicamente dal candidato a sindaco sconfitto alle elezioni amministrative, il bancario Marco Filiti, presidente del Comitato Rinascita Falconese, sostenuto elettoralmente da Sel, Fli ed ex Pdl. In un documento inviato il 3 agosto 2011 al Ministero degli interni e al Prefetto di Messina, pure i consiglieri del gruppo d’opposizione Falcone città futura scrivevano che “da notizie di stampa maturate a seguito di indagini giudiziarie, si è avuta conferma che elementi che hanno partecipato attivamente e fattivamente alla determinazione dell’esito elettorale amministrativo, risultano coinvolti in tali fatti criminali”. Alcuni di essi sarebbero stati successivamente riconosciuti nei volti comparsi sui quotidiani del 25 giugno 2011, con gli arresti delle operazioni antimafia Gotha e Pozzo 2. “Durante i giorni della campagna elettorale – ha dichiarato Marco Filiti – ho personalmente segnalato sia alla locale Stazione dei Carabinieri di Falcone che alla Questura di Barcellona, il ripetersi di atti vandalici e intimidatori nei nostri confronti, con il danneggiamento sistematico del nostro materiale elettorale e con la comparsa di scritte ingiuriose sui nostri manifesti: il tutto è evidentemente verificabile dagli atti depositati”.
A destare una certa inquietudine fu in particolare la presenza tra i candidati alle amministrative nel gruppo pro-Cirella di Maria Calcò Labruzzo, nipote di primo grado proprio di Salvatore Calcò Labruzzo (è figlia del fratello, anch’esso allevatore), avvocata con laurea alla prestigiosa Bocconi di Milano, e risultata poi la consigliere comunale più votata di tutti i 36 candidati delle tre liste partecipanti, con ben 159 preferenze personali. Madrina al battesimo della figlioletta di uno dei figli dello zio Salvatore, Maria Calcò Labruzzo è sorella di Antonio Calcò Labruzzo, imprenditore edile con diversi lavori effettuati a favore del Comune di Falcone. In molti ricordano ancora come il giorno delle nozze, proprio Antonio fu accompagnato all’altare dalla zia Concetta Maggio, moglie di Salvatore Calcò Labruzzo.
In un verbale zeppo di omissis, in data 28 settembre 2011, il collaboratore di giustizia (ex boss), Santo Gullo, nato e residente a Falcone, ad una specifica domanda degli inquirenti rispose che “la nipote di Calcò Labruzzo Salvatore è stata eletta al Comune di Falcone anche con i voti provenienti dalla sua famiglia”. “Calcò Labruzzo Salvatore mi chiese di raccogliere voti per lei, ma in questo caso non ricorremmo all’organizzazione, né ci avvalemmo di alcun mezzo illecito”, aggiunse Gullo. “Mi risulta che il fratello, però, pretendesse di ottenere dei lavori nell’ambito di tale Comune”. Numerosi tra i falconesi i testimoni del pressing elettorale a favore della candidata Maria Calcò Labruzzo da parte del chiacchierato zio Salvatore e di altri appartenenti alla famiglia allargata dei Calcò Labruzzo. Il 24 settembre 2013, il capogruppo di minoranza al Comune di Falcone, Carmelo Paratore (componente del direttivo provinciale del Pdl), ne ha parlato all’udienza del procedimento contro cinque consiglieri comunali “rei” di aver sottoscritto un documento che rilevava sospette anomalie nella vita amministrativa locale (il processo si è concluso con una sorprendente condanna degli imputati, nonostante originariamente il Pm ne avesse chiesto il non luogo a procedere). “Il signor Calcò Labruzzo Salvatore ha partecipato attivamente alla campagna elettorale con tutta la famiglia, l’ho visto con i miei occhi e lo posso dimostrare”, ha dichiarato Carmelo Paratore. “Ho visto altri elementi implicati nel procedimento Gotha partecipare alla campagna elettorale (…) Io stesso sono stato circondato dalla famiglia Calcò nell’ufficio elettorale comunale. Quel giorno loro ci volevano buttare, insieme all’attuale vicesindaco, allora assessore Pietro Bottiglieri, fuori dall’ufficio elettorale. Di questa mia affermazione c’è traccia per la denunzia fatta alla Caserma dei Carabinieri, che sono intervenuti nell’immediatezza e può essere confermato dai dipendenti comunali che lì erano presenti. Ad assediare il Comune di Falcone non c’era solo la famiglia Calcò. Basta prendere la stampa degli ultimi due anni per capire che i personaggi sono tanti. Io sono a conoscenza che molte delle persone, di cui la stampa dice di essere mafiose e sono oggi incriminate, hanno preso parte alla campagna elettorale. Faccio riferimento anche ai Campanino, alla famiglia del collaboratore di giustizia Gullo, il cui cugino primo è consigliere comunale dell’attuale amministrazione, al Bisognano, la cui nipote era sposata con un consigliere comunale della precedente amministrazione…”.
Un’inquietante vicenda si registrò lunedì 30 maggio 2011, secondo giorno di elezioni, quando a meno di un quarto d’ora dalla chiusura dei seggi, all’ufficio elettorale erano presenti numerosi congiunti dei Calcò Labruzzo (tra gli altri, lo “zio” Salvatore con la moglie; il di loro figlio Antonino, veterinario presso l’ASP di Barcellona e titolare di un ambulatorio a Falcone; Sebastiano Calcò Labruzzo, altro fratello di Maria, immortalato qualche ora dopo dai fotoreporter mentre sosteneva sulle proprie spalle il riconfermato sindaco Santi Cirella). Essi intendevano supportare la “richiesta” dei certificati elettorali da parte di una decina di cittadini stranieri residenti nel comune. “Davanti al seggio di Falcone e in quello di contrada Belvedere stazionarono in pianta stabile per tutti i due giorni di elezioni tanti componenti della famiglia Calcò Labruzzo insieme a diversi allevatori-sostenitori nebroidei”, riferiscono alcuni testimoni. “Quando la domenica mattina mi recai in visita al seggio di Belvedere ebbi un’amara sorpresa”, ricorda Marco Filiti. “Al tavolo della presidenza c’era tranquillamente seduta Maria Calcò Labruzzo. Mi recai subito all’uscita per invocare l’intervento del carabiniere che presidiava l’ingresso del seggio. Constata la presenza al tavolo della Calcò, egli ordinò a noi tutti candidati di allontanarci immediatamente dai locali di voto”.
Relativamente alle criticità registrate alle amministrative 2011 e più in generale sul rischio d’infiltrazione criminale nella vita politica-amministrativa di Falcone, sono state presentate tre dettagliate interrogazioni parlamentari: la prima il 12 novembre 2012 da parte dell’on. Antonio Di Pietro (Idv), la seconda il 24 ottobre 2013 dal sen. Domenico Scilipoti (Forza Italia), la terza e ultima il 25 settembre 2015 dai deputati del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva (membro della Commissione Parlamentare Antimafia), Villarosa, Lorefice, Mannino, Dadone, Lupo, Sarti, Rizzo e Cancelleri. “È necessario rilevare come nel territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un preoccupante quadro di legami tra politica e criminalità organizzata, a seguito di numerose indagini e alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali, deponendo in sede di alcuni procedimenti giudiziari denominati Gotha e riguardanti il sistema mafioso di gestione degli appalti nel territorio barcellonese, avrebbero denunciato un sistema illecito attraverso il quale garantire l’affidamento dei lavori ad aziende legate alla criminalità organizzata”, scrivono i parlamentari di M5S. “In seguito alle numerose indagini portate avanti in questi anni dalle varie procure siciliane dal 2008 a oggi, tali dichiarazioni hanno potuto trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per associazione mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte risultate vincitrici degli appalti; tra questi avvenimenti particolare rilievo assume proprio l’affidamento di parte dei lavori per la rimozione dal territorio dei fanghi causati dall’alluvione del 2008 a un imprenditore ritenuto legato ad ambienti di tipo malavitoso…”. Guai però a riportare tali fatti in un articolo di cronaca. A Falcone la mafia non esiste e affermare il contrario è profondamente lesivo dell’immagine e dell’onorabilità della città, ritengono sindaco e amministratori. Da qui il processo contro il giornalista Antonio Mazzeo che a Patti sarà difeso dall’avvocato Carmelo Picciotto.
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La redazione di www.telejato.it esprime piena solidarietà ad Antonio Mazzeo con l’auspicio che venga fatta giustizia a tutela della libertà di stampa sancita dall’art. 21 della nostra Costituzione e troppe volte calpestata.
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