Come quando… un flash su Peppino Impastato

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39 anni fa Cosa nostra assassinava Peppino Impastato. Riviviamo le sue lotte e i suoi ideali attraverso il ricordo di Salvo Vitale.

Appena trent’anni. Un uomo capace di suscitare forti sentimenti d’amore e di odio in chi gli stava vicino: dirigente politico di una struttura inesistente, ma che aveva saputo creare un’area del dissenso, togliendo dalle case di alcuni mafiosi i loro figli e riuscendo a dar loro una coscienza politica: un uomo con le sue debolezze, la sua solitudine, la sua assenza di affetti, il suo bisogno di compagnia, la sua sessualità inesplicata, il suo sorriso sornione, la sua epidermica ribellione a qualsiasi forma di prepotenza e di conformismo:

«Di molti non si parla più, di lui ancora. Ha lasciato un segno profondo in tutti quelli che l’hanno conosciuto, nella gente integrata, che lo riteneva un folle, negli amici che ne condividevano le scelte: una dimensione umana, quasi sempre occultata da quella politica: dietro l’immagine del militante rivoluzionario, del provocatore, del dissacratore di norme e persone intoccabili, c’era un uomo profondamente tormentato. Lo studio del pensiero esistenzialista, la lettura dei tanto amati “poeti maledetti” francesi, la riflessione sui testi di Marcuse e sulla produzione ideologica del ’68 gli ponevano costantemente il problema dell’uomo in rapporto a se stesso e agli altri in una società dove le strutture dell’accumulazione e della prevaricazione avevano distrutto il senso dell’esistenza libera e lo avevano imbottito in “una dimensione” di negazioni.103 Musica e Cultura particolare 3

Riusciva ad immergersi in profonde tristezze e imprevedibili risposte di reazione.

Ma c’era anche la voglia costante di provocare per scuotere le imbecillità e sfottere le chiusure di squallidi schemi mentali,

… come quando si fece imbalsamare come una mummia egiziana e attraversò il corso di Cinisi,… come quando, con altri amici, tutti in vestito e cravatta, organizzò una “mangiata” a tavolino in piazza, tra lo sguardo stupito dei presenti,

… come quando, assieme a tutti quelli del circolo “Musica e Cultura”, partecipò a un carnevale alternativo, bruciandosi la faccia per fare il lanciatore di fiamme, con la bocca piena di petrolio,

… come quando andavamo a pescare “viole”, le friggevamo sugli scogli e ci ripetevamo che sarebbe stato bello vivere solo così,

… come quando andava a registrare l’abbaiare del cane dell’onorevole per riproporlo poi nella trasmissione “Onda Pazza”,

… come quando portava a spasso mia figlia, cinque anni, e le spendeva sino all’ultima lira in giocattoli e gelati, rinunciando a comprarsi le sigarette,

… come quando aveva occupato Radio Aut per protesta contro i “creativi” ovvero i «ricreativi che non creano un cazzo».
Peppino ritaglio

… come quando, per l’inaugurazione della pizzeria di suo padre buttò in aria tutto quello che c’era sul tavolo e sparì,

… come quando si entusiasmava per il raduno di gruppi musicali sulla spiaggia di Cinisi, o per lo spettacolo preparato nel sottoscala di una chiesa, e poi eseguito nell’aula consiliare,

… come quando sbronzo, si mise a piangere, primo maggio ’78, fermamente deciso a chiudere la campagna elettorale nel pieno dei suoi mezzi mentali e fisici, prima di emigrare «nei paesi caldi» e mollare tutto, come ripeteva di voler fare,

… come quando cacciavamo dalla cattedra il chiarissimo prof. Manni: «L’università è occupata, si accomodi fuori», «Mi ricorderò di voi», e noi a ridere, oppure si presentava all’esame di dottrine politiche, senza aver toccato un libro, prendeva ventotto, ma voleva solo dimostrare che l’università non gli serviva, e non serviva,

… come quando faceva impazzire il maresciallo di Cinisi, ridendogli in faccia,

… come quando diceva al fascista compaesano, che aveva strappato i nostri manifesti: «Inginocchiati e chiedi perdono»,

… come quando ripercorreva il suo non compreso amore per Anna parafrasandone le iniziali: Amore Non Ne Avremo.

Coacervo di contraddizioni, voglia di vita, voglia di morte, fiuto del senso di qualsiasi fatto, capacità di esagerazione mitica dei personaggi, voglia di parlare, voglia di star solo. Su questa contraddizione si gioca anche l’ultimo scorcio della vita di Peppino: da un lato le istanze impetuose sul «riprendiamoci la vita» del movimento del ’77, dall’altro la voglia “storica” di continuare a intervenire nel sociale, fuori dall’oppressione mafiosa e dagli schemi del «personalismo», spacciato per scelta politica»

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