L’ultimo punto vendita della catena di negozi appartenuta ai Niceta e sito a Palermo tra via Belgio e Viale Strasburgo ha chiuso la sua attività e i locali sono stati dati in gestione all’impresa concorrente di Bucalo.
I guai giudiziari dei Niceta sono cominciati con il sequestro, da parte della procura di Trapani dei due punti vendita di Belicittà, a Castelvetrano e poi, da parte della procura di Palermo (2 dicembre 2013), con il sequestro di tutti e 16 i punti vendita, delle case e azioni, dei depositi bancarie persino di un motociclo Piaggio, per un ammontare, si dice, di 50 milioni di euro, sulla base di “evidenze indiziarie che fanno ritenere….”.
L’amministrazione viene affidata, dalla Saguto a uno dei suoi pupilli, l’avvocato Aulo Gigante, già legale rappresentante del gruppo Aiello (Villa Teresa), il quale, in un primo tempo, si serve degli stessi fratelli Niceta per portare avanti la gestione dei negozi e il pagamento delle commesse, poi, rimproverato dalla Saguto, e/o essendosi accorto che la presenza del Niceta poteva costituire un forte ostacolo ai suoi progetti, notifica ad Olimpia Niceta (e quindi ai suoi fratelli) “l’interdizione della facoltà di accedere ai luoghi ove le attività in sequestro esplicano le loro attività aziendali nonché di sostare nei pressi delle medesime, con l’espresso divieto ad intrattenere rapporti di qualsiasi genere con i dipendenti” (16 ottobre2014).
Da allora tutti i punti vendita cominciano a svuotarsi di merce e di persone con la prospettiva, in breve tempo, del fallimento e con la seria preoccupazione dei 54 dipendenti di essere licenziati davanti alla chiusura di tutte le attività commerciali di quello che una volta fu l’impero dei Niceta. Il tutto con tanto di chiusura delle indagini e di proscioglimento da ogni accusa della famiglia Niceta, la cui richiesta viene fatta dai giudici Micucci e Guido della Procura di Palermo già nel 2010.
Tutto procede con la lentezza tipica di tutti coloro che, con l’affidamento di un’amministrazione giudiziaria si trovano a dovere spolpare l’osso sino all’ultimo frammento.
Sono passati quasi tre anni dal sequestro e ancora il perito incaricato, tal Ferrara non ha fatto l’inventario, ogni volta chiede nuovi documenti che non riesce a trovare, al punto che la famiglia Niceta li ha cercati e trovati per lui, nella speranza che il tribunale possa accettarli, senza la scusa di volerli cercare per proprio conto. Il tutto nell’attesa infinita che il Giudice Montalbano, nuovo presidente, prenda in considerazione l’istanza di dissequestro, non più e non tanto degli esercizi commerciali, che ormai non esistono più, ma almeno quella dei beni patrimoniali.
Il saccheggio dei negozi è stato portato avanti scientificamente dall’amministratore giudiziario Giganti e dai suoi collaboratori: al momento del sequestro avevano un fatturato di 20 milioni, che nel 2014 si era dimezzato, ma che, nel primo anno di amministrazione giudiziaria, grazie alla collaborazione dei proprietari, era stato confermato.
Per il pagamento dell’amministrazione giudiziaria è stato calcolato un badget spese di 500.000 euro l’anno, di cui almeno 200 sarebbero finite nelle tasche dell’amministratore capo Gigante: sono notizie di stampa. Lui stesso ha dichiarato che in fondo non si tratta di una grande cifra, pari al 5%del fatturato. Anche gli emolumenti dei suoi collaboratori, usi spesso a un saltuario atto di presenza, sono sbalorditivi: tutto naturalmente grava sui mancati pagamenti per le commesse d’acquisto, sulla chiusura di alcuni punti vendita, che, per una falsa concezione dell’economia, comporterebbero risparmio, e su contratti di solidarietà con i quali si obbligano i dipendenti ad accettare una riduzione del 20% dello stipendio. E intanto, visto che i fornitori, non avendo più le garanzie di una volta, si sono rifiutati di fornire merce, gli scaffali si sono svuotati, gli inizi di stagione che in genere comportavano molte vendite non sono partiti, sono finiti gli sconti che hanno portato il 70%, perdite e la fine di rapporti di lavoro. Sono state vendute, anzi svendute, anche le attrezzature di arredamento dei negozi, acquistate in leasing.
Quello che più incuriosisce è che, accanto ai 45 lavoratori licenziati, ne sono stati assunti 27: per certo che tra di essi ci sono due amici di un figlio della Saguto, ce n’è uno raccomandato da un giudice, uno che dice che gli hanno rubato il furgone della ditta, mentre era in trasferta, ma le malelingue sostengono che lo abbia portato allo sfascio per ricavarci qualcosa, due sono stati individuati come persone che attingevano a piene mani dalla cassa del punto vendita di Castelvetrano, una che non si è mai vista. Insomma una bella lista di persone nuove, mentre agli storici lavoratori, è stato anche negato il pagamento del TFR.
L’amministratore giudiziario si è visto più o meno un’ora a settimana, ma si è liquidato profumatamente le sue visite e quelle dei suoi collaboratori. Nella seconda metà del 2015, con la gestione Montalbano qualcosa è cambiato. Aulo Gigante è inquisito “perché, nella sua qualità di amministratore giudiziario della procedura Niceta e quindi di pubblico ufficiale, prometteva a Silvana Saguto, Presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo e Giudice delegato della medesima procedura, l’utilità rappresentata dall’inserimento lavorativo di Andrea Ceresia, figlio dell’amica cancelliera Dorotea Morvillo, nella gestione del sequestro Niceta, affinché la stessa compisse un atto contrario ai doveri d’ufficio rappresentato dal provvedimento di autorizzazione o di ratifica del coinvolgimento lavorativo di un certo Vincenzo, non meglio identificato, nella procedura Virga, amministrata di fatto da Carmelo Provenzano. Con l’aggravante di avere commesso il fatto con violazione dei doveri connessi ad una pubblica funzione. In Palermo, il 31 agosto 2015”.
Gigante cede il posto a un avvocato palermitano, Monastero Orazio, socio fondatore dell’Associazione Vendite delegate ad avvocati (Assoveda) e specializzato, guarda un po’, in licenziamenti: costui nomina come coadiutore un commercialista, Gabriele Palazzotto, che già aveva lavorato nel sequestro Grigoli e che porta a termine l’operazione Bucalo. E così si chiude, in nome dello stato, un esercizio commerciale, per affidarlo a un’impresa sotto processo per avere truffato lo stato, avendo venduto all’esercito italiano vestiario proveniente dalla Cina, con il proprio marchi.
Il 5 aprile 2016 la parte della società Ni.ca di Belicittà, a Castelvetrano, è stata dissequestrata dal giudice Grillo, assieme al punto vendita di Borgetto, ma il sequestro è rimasto, perché disposto anche dal tribunale di Palermo.
E adesso siamo alla fine. Dopo aver cambiato gli avvocati, dimostratisi incapaci di difendere i loro interessi, i Niceta, dopo tre anni, aspettano ancora una risposta.
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E voi sareste antimafia??? Difendete questa gente???
(pizzino di Messina Denaro a Lo Piccolo)
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Gentile Adriana Stazio
Sono Massimo Niceta e sono particolarmente colpito dalla sua ignoranza.
Non voglio fare con lei, che evidentemente sa molto poco, alcun tipo di polemica, sarebbe veramente riduttivo per me perdere il mio tempo con lei quindi mi limito ad allegare uno stralcio dell'archiviazione fatta dalla Procura di Palermo a proposito di questo "famoso" pizzino e di altre farneticanti dichiarazioni fatte da soggetti che cercano di infangare gli altri per salvare loro stessi.
La invito ad informarsi meglio prima di sparare le sue cavolate.
Ovviamente fornirò ai Signori di Telejato, fra i pochi che fino ad oggi hanno cercato e scritto il vero, la versione integrale del decreto di archiviazione così forse finalmente dopo anni finirà questa sceneggiata delle testate giornalistiche che per fare notizia pubblicano notizie false, poi riprese da gente come lei.
La invito, per il futuro, ad astenersi dal commentare senza essere a conoscenza dei fatti.
Cordialmente
Da Archiviazione integrale del 02/08/2010
A firma dei sostituti procuratori delle repubblica
Sara Micucci
Paolo Guido
"Anche il contenuto del "pizzino" sequestrato ai Lo Piccolo il giorno del loro arresto in data 05.11.2007, catalogato D30 e PRESUMIBILMENTE proveniente da Messina Denaro Matteo, non consente di corroborare l'ipotesi investigativa originariamente ipotizzata, atteso che non vi è alcuna certezza che il soggetto indicato dallo scrivente "amico massimo n" sia effettivamente Niceta Massimo / come ipotizzato dallo S.C.O. nell'annotazione del 25.06-2009 ).