Come notato altre volte (1), a sinistra qualsiasi occasione è buona per gettarsi fango addosso, per litigare, per spaccare il capello in quattro, per dimostrare che io sono di sinistra e tu no, che io sono puro e tu invece sei inquinato, che l’uso di qualche nome, di qualche frase, di qualche titolo, di qualche personaggio, se usato in senso politico diventa strumentale e quindi sarebbe un oltraggio alle persone che ad esso fanno riferimento. Il tutto secondo una concezione della politica come cosa sporca che sporcherebbe il nome da essa utilizzato. Oggi, anzi da qualche giorno, non avendo molto da ridire su idee e programmi, a parte il Fava calato dall’alto, è spuntata la polemica da caffè sull’utilizzo che Claudio Fava ha fatto delle due parole “Cento passi”.
Ho letto le prime esternazioni di tale signor Pitarresi, che il 20 settembre ha postato un intervento in cui accusava Claudio Fava di avere strumentalizzato elettoralmente il nome di Peppino Impastato: secondo un curioso sillogismo per lui Cento passi significa Peppino Impastato e il nome di Peppino non dovrebbe essere usato per una campagna elettorale, “perché è molto di più”, “la sua figura rappresenta la vera lotta alle mafie, alla disonestà, all’immoralità, al puzzo del compromesso e chi non capisce questo lo sta di nuovo uccidendo”.
Molto serenamente, nella stessa data, Luisa Impastato gli ha risposto: “A dire il vero Claudio Fava è uno degli sceneggiatori del film I cento passi, quindi sì, è vero, le ha inventate lui”. Con altrettanta serenità ha fatto seguito un post a firma Arcangelo Longo che commentava: “Spero che quanto detto da Luisa Impastato possa bastare a ristabilire un minimo di verità sul copyright Cento passi. C’è qualche depositario morale e politico unico erede di Peppino? Io credo che sia patrimonio dell’umanità, non ha bisogno di vestali custodi del sacro fuoco dell’antimafia, di depositari esclusivi del suo pensiero, di speculatori sul suo omicidio, né di sciacalli a caccia di presunti abusivi della sua memoria. Peppino è lì, ha fatto la sua parte e anche quella di tantissimi altri, chi vuole se lo prenda. Perché tanto livore verso Claudio Fava che lo porta anche in campagna elettorale come bandiera? Perché dovrebbe essere sbagliato o fuori luogo richiamarsi alle battaglie di Peppino? Forse sono meglio quelli che lo tengono ben nascosto ora e prima?”
Prima di Luisa io mi ero permesso di scrivere che Claudio Fava è pienamente nel suo diritto di usare come vuole due parole cui ha dato un senso e con le quali ha raccontato la storia di Peppino Impastato attraverso un film che, non bisogna dimenticare, non è una biografia (quella l’ho scritta io), (2) ma è fiction, finzione scenica. Di quel film ho abbondantemente illustrato ciò che è vero e ciò che è falso (3). Per quanto ricordo eravamo nell’aprile del ‘93 e Claudio Fava venne a Cinisi perché stava girando per Canale 5 il ciclo Cinque delitti imperfetti, poi raccontati in un libro (4). Arrivò alla casa di Peppino, abbracciò Felicia, con molta reciproca commozione, ascoltò le testimonianze dei compagni presenti, mi chiese una copia delle registrazioni di Onda Pazza e poi, quando gli indicammo la casa di Tano Badalamenti, come preso da un raptus si mise a contare: le sue gambe erano poco più corte delle mie, per cui, quando arrivammo alla casa di don Tano lui aveva contato cento passi, io 98. Nacquero allora i cento passi che poi sono serviti da titolo al film, che hanno caratterizzato la famosa passeggiata, mai avvenuta in realtà, di Peppino e Giovanni, poi amplificata del famosissimo brano dei Modena City Ramblers. Ancora Cento passi al nome del noto vino prodotto dalla cooperativa Placido Rizzotto di Corleone con l’etichetta di Libera, al mio libro Cento passi ancora e a quello di Giovanni Impastato Oltre i cento passi. Che lunga fila di “strumentalizzazioni”! E nessuno ha trovato qualcosa da dire, nessuno ha chiesto il copyright a Claudio Fava, nessuno ha creduto di bere, bevendo il vino Cento passi, il sangue di Peppino Impastato o di ucciderlo ancora.
Adesso ci ritroviamo davanti ad Ottavio Navarra, che ha accettato il tandem con Fava, che ha aperto un book shop nella casa di Peppino, che ha pubblicato le poesie di Peppino e molti altri libri che parlano di lui, che ha quindi le carte in regola per poter parlare di Peppino in qualsiasi occasione, ci ritroviamo davanti a Claudio Fava, figlio del più grande giornalista siciliano, ucciso barbaramente dai mafiosi catanesi, protagonista ed erede del lavoro del padre, che ha accompagnato ugualmente le sue scelte politiche, davanti alla sua candidatura come espressione di una lista di autentica Sinistra, dal momento che di sinistra altrove è rimasto ben poco, il quale non dovrebbe usare due parole che, grazie a lui hanno un senso preciso e che si riferiscono a una delle più grandi figure della Sinistra siciliana cioè a Peppino Impastato, ma che non dovrebbe usare quelle parole perché strumentalizza e uccide Peppino. Siamo alla follia o alla perversione mentale, e c’è gente che sta dietro a queste cose senza guardare alla propria miseria interiore.
A chiudere questa implosione di bizzarrie, oggi è spuntato il comunicato di Giovanni Impastato e di Umberto Santino che si lamentano per non essere stati interpellati. Immediata la replica di Claudio Fava, che rivendica il valore morale di riferimento a tante vittime di mafia morte per il riscatto della Sicilia: “Che poi, se qualcuno si offenda perché Fava usa una frase di Fava e nessuno protesta se Musumeci usa una frase di Paolo Borsellino, è una cosa piuttosto curiosa… Infine, per la cronaca l’idea di chiamare questa nostra sfida Cento Passi per la Sicilia è una scelta che abbiamo condiviso con Giovanni Impastato ben prima di presentare questo simbolo”.
Pare di capire che Giovanni prende le distanze anche da sua figlia, ma è coerente con sé stesso, perché egli va Oltre i cento passi (5), mentre Claudio ritiene che quel percorso sia ancora da completare ancora. Umberto Santino invece ha sempre avuto riserve nei suoi giudizi sul film, sin dal momento in cui c’è stata la prima visione ed egli all’uscita dal cinema si è messo a distribuire volantini contro il film, il che lascia il dubbio sull’opportunità di lamentarsi per l’uso di qualcosa che egli non ha mai condiviso.
Si potrebbe, a guardare indietro, pensare al Blocco del popolo, allorché, nelle elezioni del 1947/48, socialisti e comunisti usarono per simbolo la testa di Garibaldi, o all’uso della croce nel simbolo della Democrazia Cristiana, con un ibrido miscuglio tra politica e religione, o all’altrettanto curioso miscuglio di sport e politica di Forza Italia, o all’uso filofascista dell’inno nazionale Fratelli d’Italia, come nome di un partito, ma per queste cose pochissimi hanno parlato di strumentalizzazioni o si sono lamentati, dei Cento passi sì. Tipico.
A mio parere nella proposta politica per la Sicilia, che non è solo di Fava e Navarra, Peppino ci sta tutto, considerato che di essa fanno parte tanti “vecchi compagni” da sempre presenti nel portare avanti lotte e idee nel nome di Peppino, anche insieme a lui e che nell’attuale panorama politico siciliano non ci sono alternative possibili per chi crede ancora nei valori di una sinistra autentica. Quindi, tenendo presente cui prodest tutto questo, sarebbe il caso di cominciare a fare qualche “passo” in avanti, di non guardare più indietro, di superare i settarismi, di costruire e di andare oltre la tendenza a farsi male di cui a sinistra non si riesce a fare a meno.
Con l’augurio che questa considerazione, non provochi ulteriori sproloqui utili solo ad alimentare “minchiate” che Peppino non merita.
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