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“C’è un giudice a Caltanissetta…”

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Lo strano caso della Saguto, da sequestratrice a sequestrata e quello dei suoi amici, da “padroni della città” a poveracci cui è stato tolto il “maltolto”.

Nel 1700, in Germania, un mugnaio che si era visto deviare da un nobile prepotente il corso d’acqua che alimentava il suo mulino, dopo una serie di disavventure giudiziarie, continuava a chiedersi: “Ci sarà pure un giudice a Berlino!” Alla fine trovò il giudice che gli diede ragione. Da allora questa frase si usa nel linguaggio comune da parte di chi, subendo ingiustizie, spera di avere alla fine ragione. Oggi noi possiamo affermare che c’è un giudice anche a Caltanissetta. Avevamo già cominciato a sperare nel momento in cui, nel settembre passato, quella procura aveva aperto l’inchiesta nei confronti di Silvana Saguto e della sua corte, a cominciare da Cappellano Seminara per finire a Tommaso Virga. Giova ricordare che Caltanissetta è la procura competente a giudicare i giudici della Procura di Palermo.

Da Caltanissetta è partita l’indagine: il procuratore Lo Voi si è subito affrettato a dire che Pino Maniaci e la sua emittente non c’entravano niente e che l’indagine sarebbe partita da una segnalazione della stessa procura di Palermo. In realtà l’indagine, com’è scritto nel comunicato della Procura di Caltanissetta, è partita dopo il sequestro Rappa, i cui beni sono stati affidati a Walter Virga, figlio di Tommaso, noto magistrato del tribunale di Palermo. Il sequestro è stato fatto dalla Saguto il 30 marzo 2014, proprio nell’ultimo giorno di scadenza dei cinque anni previsti per poterlo decretare. Giova tener presente che il 18 marzo 2014, cioè dodici giorni prima, alle ore 15 era stato convocato presso il tribunale di Caltanissetta Pino Maniaci, come persona informata dei fatti, con un invito a firma del sostituto procuratore Maria Cardina Di Pasquale. Il colloquio era avvenuto alla presenza di un alto funzionario della Guardia di Finanza e del Giudice Gozzo e si era chiuso con l’impegno di una nuova convocazione che non è mai avvenuta. Comunque, a Telejato non interessa né cantare vittoria, né sbandierare di avere avuto una propria parte, anche piccola, nelle decisioni di oggi. In passato siamo stati sempre diffidenti, abbiamo detto che “lupo non mangia lupo” e che tutto si sarebbe concluso a tarallucci e vino, abbiamo fatto riferimento a poteri forti che non avrebbero mai consentito uno sviluppo dell’indagine, e invece, ecco qua, c’è un giudice a Caltanissetta, che fa giustizia e che torna a farci sperare nell’esistenza di una legalità che alla fine riesce a tornare a galla.

Non possiamo che accogliere, senza trionfalismi e senza “l’avevamo detto”, con un positivo giudizio quanto è successo oggi e augurarci che anche la Procura di Palermo, sulla vicenda abnorme che ha coinvolto Pino Maniaci, possa serenamente valutare quello che ha a disposizione e far  tornare Maniaci a fare il suo lavoro, che da più di quindici anni si occupa d’informazione antimafia e si batte per una società senza violenza e senza privilegi.

Tornando alle vicende di oggi, troviamo tra le persone alle quali è stato indirizzato il provvedimento di sequestro, che dovrebbe essere notevole, a parte i soliti Saguto e Cappellano, anche il prof. Carmelo Provenzano, professore dell’Università Kore di Enna, la dott.ssa Maria Ingrao, e il noto docente di diritto Luca Nivarra, autore di una cinquantina di pubblicazioni, una delle quali specificamente sui beni confiscati, che nel 2013 ha rivestito il ruolo di Capo Gabinetto della Presidenza dell’Assemblea Regionale. Nomi  grossi, che sembrano essere i primi di una serie di altri che dovrebbero venir fuori nei prossimi giorni. Li abbiamo definiti “i quotini”, i nuovi padroni di Palermo, quelli presso cui i mafiosi vanno ad elemosinare briciole o portano sacchi di euro affinché provvedano alla loro difesa: abbiamo parlato di un “sistema di potere” che aveva in mano la città e la gestiva con arbitrio, pendo solo ad arricchirsi e a sistemare parenti e amici.

Non può che farci piacere che la Procura usi la stessa nostra definizione per indicare quello che è successo a Palermo e per motivare le sue decisioni. Si parla di 79 capi d’accusa a carico di venti persone sottoposte ad indagine, ma si dice che si tratta solo della chiusura della prima fase delle indagini.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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