Eccoli i nuovi numeri del caso Saguto. Un’inchiesta che è diventata un mare magnum, tanto che i magistrati di Caltanissetta stanno valutando di chiuderne una parte prima della pausa estiva e lasciare aperte altre piste ancora non del tutto battute. Tra queste quella che ha portato gli investigatori nel mondo delle consulenze. La mole di lavoro con cui si sono misurati i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo è enorme. Il nuovo procuratore di Caltanissetta avrà un bel da fare.
L’inchiesta sulle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo sarà uno dei temi più spinosi da affrontare per il capo dei pm nisseni. Un capo che dovrebbe essere nominato nella seduta del plenum di mercoledì prossimo. Formalmente la corsa è ancora aperta per due candidati: il procuratore aggiunto di Catania, Amedeo Bertone, e il procuratore di Trapani Marcello Viola. In commissione incarichi del Csm Bertone è uscito vittorioso con i voti di Area a Unicost, mentre a Viola sono andate le preferenze di Magistratura indipendente e dei laici del centrodestra. Praticamente, salvo colpi di scena, il Plenum sceglierà Bertone anche perché Viola è stato proposto a maggioranza in commissione per andare a guidare la procura generale di Firenze.
Il nuovo procuratore colmerà un vuoto che persiste da mesi, da quando Sergio Lari è andato alla procura generale sempre a Caltanissetta. L’aggiunto Lia Sava si è sobbarcato il peso di seguire da facente funzioni di capo non solo il caso Saguto, ma pure i processi sulle stragi di mafia e le indagini sul presidente degli industriali siciliani Antonello Montante È inevitabile che si attenda il nuovo capo per tirare le somme. Nel frattempo le indagini sono andate avanti. I finanzieri hanno consegnato la prima parte della loro informativa dopo avere analizzato tonnellate di carte e un elenco sterminato di favori, o presunti tali, assunzioni, nomine, consulenze e passaggi di denaro.
Le indagini sono iniziate un anno fa. L’ultima tappa ufficiale è stata la proroga di sei mesi iniziata partita fra dicembre e gennaio scorsi. Di proroga i pm nisseni potrebbero sfruttarne un’altra, sempre di 180 giorni. Il punto è che si è partiti da un caso singolo – la gestione della concessionaria Nuova Sport Car sequestrata ai Rappa e affidata dalla Saguto al giovane avvocato Walter Virga, figlio di un altro giudice, Tommaso – e si è scoperto un fenomeno. Un sistema, come viene definito, dove la gestione della sezione del Tribunale di Palermo sarebbe stata piegata ad interessi personali. Vengono ipotizzati reati come la corruzione e l’autoriciclaggio.
Le amministrazioni giudiziarie sotto indagine dei finanzieri si trovano a Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Trapani. Si guarda agli amministratori, ma pure ai consulenti i cui nomi si ripetono. A cominciare dal marito della Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, pure lui sotto inchiesta, che ha ricevuto incarichi di consulenza per settecentocinquantamila euro dall’avvocato Gaetano Cappellano Seminara in un periodo compreso fra il 2005 e il 2014. Nulla di illecito se non sarà dimostrato che si tratta di una partita di giro: incarichi in cambio di consulenze per il marito.
E poi ci sono i presunti passaggi di soldi in contanti. “Non è emersa alcuna traccia di scambi di denaro tra la mia assistita e gli amministratori giudiziari”, disse l’avvocato Giulia Bongiorno che assiste la Saguto assieme a Ninni Reina. Di certo, almeno stando alle intercettazioni, la famiglia del magistrato sospeso dal Csm aveva un tenore di vita altissimo. Il magistrato diceva a uno dei tre figli: “Dobbiamo parlare, perché la situazione nostra economica è arrivata al limite totale, non è possibile più… voi non potete farmi spendere 12,13,14 mila euro al mese noi non li abbiamo questi introiti perché siamo indebitati persi”. In realtà, dall’analisi della carta di credito del magistrato, si è scoperto che di soldi ne arrivavano a spendere in un mese fino a 18 mila euro. Per rimediare, secondo la Procura nissena, l’ex presidente avrebbe ottenuto soldi in contanti da Cappellano Seminara. E forse non solo da lui.
E qui si innesta un altro passaggio delicato. L’ipotesi, smentita dai presunti protagonisti, è che una sera di giugno l’amministratore giudiziario possa avere portato ventimila euro in un trolley a casa Saguto. Nelle intercettazioni si parlava di “documenti”. Solo che la cifra su cui si sono concentrati i finanzieri alza l’asticella fino a 150 mila euro. Non sappiamo se e quanto di questo denaro sarebbe frutto di un accordo illecito. Forse lo sapremo presto con la chiusura delle indagini. O meglio di una parte delle indagini, visto che ci sarebbe un nuovo filone che punta alle consulenze affidate nell’ambito di alcune grossissime amministrazioni giudiziarie radicate a Palermo, ma con interessi in mezza Italia.
tratto da livesicilia.it
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