È arrivato finalmente l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio depositata in data 17/10/2016 con il quale il GIP Gabriella Natale avvisa iI PM richiedente Amelia Luise con invito a trasmettere al suo ufficio la documentazione relativa alle indagini espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio relativa a 12 imputati: Nicolò e Antonio Salto; Giuseppe, Tommaso, Francesco, Davide e Antonino Giambrone; Francesco e Salvatore Petruso; Antonino Frisina; Giuseppe Maniaci; Salvatore Brugnano.
Il Giudice per le Indagini Preliminari ha fissato il giorno 19/01/2017 ore 09.30 e segg. presso il Nuovo Palazzo di Giustizia, in piazza G.B. Pagano, piano II, aula 16, l’udienza preliminare.
Non vogliamo entrare in merito ai capi d’accusa né valutare l’entità dei reati commessi. I mafiosi sono accusati di avere chiesto il pizzo ad alcuni commercianti della zona. Uno dei Giambrone avrebbe consegnato i soldi dell’estorsione a Nicolò Salto, poiché tra i Salto e i Giambrone sarebbe intervenuto un patto di ferro per spremere soldi alle attività commerciali della zona.
Nicolò Salto e Giuseppe Giambrone sono accusati “Per essere intervenuti nella soluzione di controversie tra privati”. Detta così sembra che siano accusati di aver messo pace tra due litiganti, e questo è un reato strano, anche se le regole mafiose implicano il fatto che il mafioso che fa il paciere, impone agli altri di accordarsi secondo i suoi ordini.
Sempre Nicolò Salto “al fine di procurarsi un ingiusto profitto, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Benedetto Valenza, imprenditore del settore della produzione e fornitura di calcestruzzo, a versare una imprecisata somma di denaro quale messa a posto, evento non verifìcatosi per cause indipendenti dallo loro volontà, a causa del rifiuto della vittima dalla quale si era recato prima Salto e poi Giambrone”. Se ne evince facilmente che Benny Valenza risulta, da una parte persona offesa, ma che ha avuto il coraggio di dire no alla richiesta estorsiva. Quella di mafiosi che chiedono il pizzo a loro stessi, tra di loro, è uno sviluppo interessante per capire che i malandrini di Borgetto sono proprio con il culo a terra.
Non manca di incuriosire l’accusa di favoreggiamento nei confronti di Salvatore Brugnano. “Per avere aiutato Giambrone Giuseppe, sottoposto ad indagine per il reato di estorsione aggravata in danno dello stesso Brugnano, titolare dell’omonima azienda vinicola situata in contrada San Carlo di Partinico, ad eludere le investigazioni dell’Autorità che li riguardavano, omettendo di riferire alla polizia giudiziaria, in sede di sommarie informazioni, circostanze decisive ai fini dell ‘accertamento dei fatti di rilevanza penale al medesimo addebitato, in particolare negando di aver ricevuto richieste di natura estorsiva. In Partinico il 9.5.2016″. In pratica Brugnano, dichiarando di non avere pagato il pizzo ha detto il falso e ha “eluso”, sarebbe più semplice dire “ostacolato” le indagini dei carabinieri contro il suo estorsore Giambrone. Resta il fatto che Brugnano ha dichiarato di avere mandato anche lui a quel paese i suoi estortori. Conclusione: Benny Valenza è credibile, Brugnano no. Così come non è stato ritenuto attendibile Polizzi che ha negato di essere stato estorto da Pino Maniaci. Così anche la credibilità diventa un optional a disposizione del magistrato.
Ma andiamo a Pino, anzi a Maniaci Giuseppe, nei confronti del quale ci sono sei capi d’imputazione e al quale sono riservate, come prove, intercettazioni e registrazioni di trasmissioni della sua emittente, senza che tuttavia sembrano essere state fatte verifiche e accertamenti sui fatti da lui denunciati. Ecco le imputazioni:
Avere inserito quest’ultima imputazione nell’operazione Kelevra, con cui non aveva nulla da dividere, trattandosi di singola denuncia di privati in relazione a un servizio di Maniaci, dopo un articolo sul blog di Michele Giuliano, condiviso da Porcasi, in cui Giuliano si prospettava l’ipotesi che lo stesso Maniaci avrebbe ucciso i suoi cani per farsi pubblicità, è un’operazione giudiziaria al limite della genialità: troppo facile intravedere in quel servizio gli estremi della condanna e quindi trovare, rispetto alla fragilità delle altre imputazioni, un elemento che potesse giustificare tutta l’operazione.
Abbiamo riportato, i capi d’imputazione, di cui abbiamo già parlato troppe volte e rispetto ai quali qualsiasi commento è inutile: si commentano da sé. C’è solo da aspettare che giustizia sia fatta.
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