Ieri a Palermo c’è stata un’altra giornata del festival “Il capitale umano”. Un’iniziativa preparata dalle associazioni dei consulenti giudiziari: una manifestazione condotta con grande spreco di denaro e di “capitale umano”.

Oggi ci sarà una chiusura col botto, dal momento che interverranno, non si sa a che titolo, tutto il summit leghista, da Salvini a Zaia, oltre che il ministro dell’istruzione Giannini e, a quanto si dice, Alfano. Facile prevedere tafferugli, soprattutto da parte del mondo della scuola, costretto a subire una controriforma che nessuno condivide. Ma torniamo a ieri. Era stata annunciata una tavola rotonda sul tema dei beni confiscati alla mafia. Era stata annunciata la presenza del magistrato antimafia Nicola Gratteri, il quale ha invece non c’era, ma già da due giorni gli organizzatori ne erano a conoscenza e non l’hanno comunicato. Presente invece Pino Maniaci che in apertura ha denunciato uno dei grandi mali della legge dovuto alla gestione parassitaria dei beni sequestrati: l’amministratore giudiziario deve fare uscire da quel bene la parcella per se e per i suoi consulenti. Oltre che il pagamento delle spese future, perché, per sua decisione, può decidere di non pagare più i debiti pregressi, mettendo nei guai i creditori e i fornitori. Alla notizia che era stato denunciato per stalking da Cappellano Seminara, i presenti sono scoppiati in una risata, per l’abnormità della situazione. Oggi possiamo aggiungere che l’ex magistrato Antonio Ingroia ha annunciato che darà a Maniaci il suo patrocinio gratuito, mentre, da parte sua, Maniaci sporgerà una controquerela nei confronti del “re” Cappellano.

A parte le autogratificazioni del prefetto Postiglione, che ha vantato il suo operato   e ha riconosciuto come i valori dei beni sequestrati spesso siano gonfiati ad arte per dare l’idea di un sequestro eclatante, a parte la proposta  della prof.ssa Pellegrini,  dell’università di Bologna, sulla necessità di istituire un gruppo di consulenti a disposizione del magistrato che promuove la confisca e non a nomina dell’amministratore,  gli altri hanno girato attorno all’argomento, riconoscendo che la legge non funziona, che le banche bloccano i crediti alle aziende sotto sequestro, che interviene troppo tempo tra il sequestro e la confisca . Nessuno ha sfiorato il problema più grosso, ovvero il comportamento, lo strapotere, la disinvoltura con cui si emettono decreti di confisca dei beni, senza che sia data ai confiscati la possibilità di dimostrare la legittimità del loro operato, se non dopo una serie di rinvii che consentono all’amministratore di godere di un vero e proprio lauto stipendio. E nessuno ha evidenziato la divaricazione tra l’Ufficio misure di prevenzione, e il giudice penale, che agiscono su binari diversi. Se il giudice dispone l’assoluzione e la restituzione dei beni, il magistrato di prevenzione può continuare il sequestro a suo piacimento. Quindi, allo stato attuale, per chi incappa sotto questa mannaia non c’è scampo: solo cambiare nazione. E invece parliamo di beni che sono una risorsa: per chi ci mangia, naturalmente.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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