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“Bisogna andare oltre i codici etici dei partiti, il buon senso a volte dovrebbe prevalere al di là delle sentenze”.

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Sono queste le parole usate ieri a più riprese sia da Lirio Abbate che da Rosy Bindi.

La mafia a Catania esiste ancora? Su questa domanda si è centrato il dibattito; difficile dare una risposta netta, secca e precisa. Più facile è applicare il buon senso che ci porta a comprendere chi usa ancora i metodi mafiosi per accaparrarsi voti e consensi. “Per capire come si muove oggi in Sicilia l’intreccio tra mafia e politica è sufficiente leggere le motivazioni della sentenza di condanna all’ex governatore Raffaele Lombardo.

Già diversi anni prima in articolo de L’Espresso aveva rivelato quella famosa lista dei favori, lì venivano segnati chi erano i grandi capi elettori, a chi e in che modo era stato elargiti i favori, insomma quella politica clientelare che ha distrutto la nostra terra”, in questo modo Lirio Abbate si esprime per descrivere le connivenze presenti tra la mafia e la politica oggi. Lui senza alcuna remora diversi anni fa aveva tracciato gli intrecci di mafia capitale, senza avere ancora l’avvallo della magistratura, ma come dice lui “Scendendo tra le strade e chiedendo alla gente a chi bisognava rivolgersi per recuperare il motorino rubato o per ricevere protezione”.

A Lirio Abbate è andato il premio Giuseppe Fava “per la capacità di guardare la realtà, andando oltre”, cosi come legge nella motivazione Elena Fava. Quella capacità di andare oltre la realtà per denunciare le nefandezze propria di Pippo Fava, che  a più riprese attraverso “I Siciliani” non esitava a fare nomi e cognomi degli affiliati alla mafia, delineando la mappa del potere. Una mappa del potere che a Catania, cosi come precisa Claudio Fava “Non è cambiata da ben 30 anni, le famiglie  reggenti protagoniste nella scena del crimine sono sempre le stesse. Cosa ben diversa negli altri centri siciliani, come Palermo dove le famiglie come i Badalamenti, Riina e Provenzano sono uscite fuori dalla mappa del potere con la cattura dei loro maggiori esponenti”. Tutti, durante gli interventi, hanno tenuto a presciare di essere garantisti, ma un garantismo che la politica a usato per giustificare mancate prese di posizioni davanti e evidenti concussioni di politici corrotti. Il presidente della commissione nazionale antimafia Rosy Bindi, ha tirato le orecchie ai partiti affermando: “I codici  etici dei partiti fanno acqua da tutte le parti

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Redazione

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