“Don Masino”, alias Tommaso Coppola di Valderice, tra la fine degli anni ’90 e il 2005, anno del suo arresto, è stato uno degli imprenditori più attivi in quel settore della provincia di Trapani, attorno a cui ruotano grandi boss, come Francesco Virga e Matteo Messina Denaro. Si è mosso utilizzando con intelligenza i finanziamenti pubblici, grazie a una rete di complicità con il mondo della politica, che gli spianava la strada nella realizzazione dei progetti. Al processo sono stati fatti i nomi di Camillo Iovino, sindaco di Erice, del suo vice Francesco Maggio, di Antonio D’Alì, senatore, tutti del PdL, oltre quello di Salvatore Cuffaro e di suo fratello Silvio, oltre al prefetto di Trapani Giovanni Finazzo, ma nei confronti di nessuno di questi sono stati rilevati elementi per un’indagine. Nel 2008 il primo sequestro dei beni, sino alla confisca, il cui procedimento è avviato nel maggio 2010. I suoi beni sono stati stimati in 30 milioni di euro. Tra di essi il residence turistico di Lido Valderice, il residence Torre Xiare, realizzato con cinque milioni di euro di finanziamento pubblico e altri beni, alcuni intestati al nipote Salvatore Fiordimondo all’interno della società Crea (operante nella costruzione e la manutenzione di discariche, impianti di smaltimento di rifiuti, anche speciali) che è stata poi dissequestrata. Ed ancora: la Coppola costruzioni srl, la Siciliana Inerti e Bituminosi srl, la Valderice Costruzioni srl, la Villa Coppola srl, la Erice Costruzioni, l’impresa individuale Coppola Tommaso, e la Fos, società edile realizzata dopo l’arresto nel 2005 di “Masino” Coppola.
Malgrado i quattro anni di custodia cautelare seguiti ai sei dell’arresto Coppola è riuscito ad avere alcune assoluzioni penali, ma non ha potuto evitare il sequestro e la successiva confisca dei suoi beni richiesta dall’ufficio misure di prevenzione di Trapani, in collaborazione con quello di Palermo. Fin qui tutto normale o quasi. Amministratore giudiziario viene nominato un ragioniere molto “quotato” presso i tribunali di Trapani e di Palermo, il rag. Giuseppe Sanfilippo, consulente del lavoro, che, seguendo l’esempio di molti suoi colleghi ha la non comune capacità di radere al suolo tutto, di non pagare più i fornitori, e quindi di far diradare commesse e richieste di materiale, sino ad arrivare al fallimento di alcune delle aziende a lui affidate. E sin qui tutto normale, o quasi. Buona parte dei beni sotto sequestro sono stati abbandonati ai vandali e ai ladri che hanno portato via tutto, dai mezzi di lavoro nelle cave (camion, scavatori, trattori), ai pezzi di ceramica, mattoni, fili dell’impianto elettrico, tubi e quant’altro dello splendido resort Xiare, ridotto a un pietoso immobile con le sole mura, prima di essere ristrutturato e adibito a sede della polizia nel 2014. Tra le tante operazioni di alta economia e, si presuppone, con il benestare, obbligatorio del giudice delle misure di prevenzione che lo ha nominato, Sanfilippo, nel 2010 stipula, davanti al notaio, un compromesso, per la vendita di una villetta sequestrata, con il sig. Giuseppe Carollo, il quale versa un anticipo di 50 mila euro, con l’impegno dell’amministratore di ultimare i lavori nella villetta.
Ci si potrebbe chiedere: ma i beni sequestrati possono essere messi in vendita a privati? In linea di massima no, ma se è stato fatto, vuol dire che esiste qualche norma che esiste qualche norma che lo rende possibile. L’amministratore non paga nessuno, lascia tutto in aria sino alla dichiarazione di fallimento, avvenuta nel 2014. Con la confisca l’immobile passa all’Agenzia dei beni confiscati che ha sede a Reggio Calabria, ma che ha una sua succursale a Palermo, diretta dalla dott.ssa Manso, dalla quale non è facile chiedere di essere ricevuti. Gli dicono di rivolgersi al Tribunale di Trapani, il quale invece dice che l’affare non è di sua competenza e lo rimanda a Palermo, che dovrebbe provvedere alla stipula definitiva dell’atto, ma che non prende alcun provvedimento, mentre la villetta diventa oggetto dei soliti vandali e ladri, così come succede in altre vicine villette. Il sig. Carollo decide di passare alle vie legali, mette tutto nelle mani di un avvocato, spendendo altri soldi nella speranza di riuscire ad riavere ciò che dovrebbe essere suo, ma in cui non osa intervenire per il restauro, non avendo ancora la piena proprietà. Ha già speso 80 mila euro, ogni tanto si aggira nell’area della villetta, mette qualche fiore e qualche pianta, per dare un segno di presenza ed evitare altri danni da parte dei saccheggiatori. Il suo commento è triste: “avrei preferito trattare con mafiosi e non con un amministratore giudiziario”. ll quale non ha restituito i 50 mila euro e difficilmente pagherà di tasca sua per lo sfascio che ha procurato. Tutto normale? Quasi.
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