Soprattutto nel settore del calcestruzzo, fornivano materiale ovunque si costruisse, dove c’era qualche progetto di cementificazione, dove bisognava costruire strade e ponti, spesso utilizzando appalti pubblici, o ricorrendo al sistema del subappalto, qualora non volevano mettersi troppo in vetrina e preferivano agire per incarico di un altro che tuttavia era obbligato a sceglierli se voleva andare avanti senza problemi. Anche i vari cantieri, muratori, capomastri, ingegneri, geometri, erano collegati a loro, sapevano di dovere rivolgersi a loro per lavorare tranquilli. C’era poi la tangente da stimare sulla cifra dell’appalto, destinata al patriarca a e al soddisfacimento dei bisogni della famiglia mafiosa della zona. Adesso su tutto questo è calato il silenzio ed avanza il deserto.
Betoniere, impastatrici, camion, scavatori ruspe, giacciono in abbandono, divorati dalla ruggine, quasi in un’allucinante panorama postindustriale, se non addirittura da the after day, mentre i loro proprietari sono in galera e le persone che lavoravano lì dentro hanno dovuto emigrare o scegliersi un ltro lavoro e un altro mestiere. Già che l’economia siciliana non è stata mai delle più forti, ma adesso l’abbandono si estende a macchia d’olio e la responsabilità è certamente negli aspetti illegali che erano alla base di queste attività e le mandavano avanti, ma, nello stesso tempo è nelle mani di chi ha disposto, dall’alto del Palazzo di Giustizia, il sequestro dei beni, sino alla definitiva confisca e li ha dati in mano a voraci e incompetenti amministratori giudiziari che hanno speremuto tutto quello che c’era da spremere e poi se ne sono lavati le mani con una dichiarazione di fallimento.
Purtroppo, come succede in Italia, le collusioni, le disonestà, le incompetenze, la corruzione sonoelementi a favore del curriculum di certe persone importanti: a pagare sono slo gli ingenui, gli sprovveduti o coloro che credono che ancora possa sserci una “legge uguale per tutti.
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