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Beni confiscati: il PM chiede l’archiviazione dei procedimenti contro Modica de Mohac, amministratore dei beni dei Cavallotti

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Non ripercorreremo tutte le vicende giudiziarie che hanno coinvolto i fratelli Cavallotti e hanno raso al suolo una delle aziende nazionali più floride nella distribuzione del gas in Italia. Il sospetto di intese con la mafia è bastato ad alcuni giudici per portare avanti un sequestro che, con il passare degli anni è diventato confisca, persino delle case in cui abitava la famiglia dei cosiddetti preposti e che si è preferito lasciare abbandonate ed esposte a furti e saccheggi. Non sono bastate le assoluzioni penali, gli esposti, la documentazione incontrovertibile dei numerosi atti di allegra amministrazione fatti da Modica de Mohac e denunciate persino da coloro che si sono susseguiti nella disamministrazione dell’azienda. Tutto è stato accantonato, ignorato, cancellato nell’assurda linea di gestione adottata dalla magistratura. Lo stato non sbaglia e se sbaglia non si può risarcire chi è stato vittima della disamministrazione degli amministratori giudiziari. Ci sarebbero troppi soldi da restituire.

Oggi che arriva la notizia della morte di Nadia Toffa, la conduttrice delle Iene, non possiamo dimenticare che anche lei è stata una degli artefici di quel servizio delle Iene che, realizzato con l’aiuto e la collaborazione di Telejato, ha messo sotto gli occhi di tutta Italia il modo criminoso di amministrare i beni sequestrati alla mafia da parte della Sezione misure di prevenzione di Palermo presieduta dalla Saguto. Nei confronti dell’intoccabile Modica non sono bastati gli esposti dei suoi colleghi, a cominciare da Luigi Miserendino, che ha denunciato tutte le irregolarità nella gestione della TOSa e quelli di Andrea Aiello, che invece ha rilevato le voragini economiche causate alla Comest. Nulla è bastato per convincere i giudici a procedere con equilibrio. Non sono neanche bastate le segnalazioni della DIA che, riferendosi a un articolo di Salvo Vitale del marzo 2014 notava che le notizie riportate anche su I Siciliani giovani non erano prive di fondamento, cioè che erano verità sacrosanta.

A tal proposito si aggiunga che la nota è stata inviata ai pm Del Bene, De Montis e Luise, e che quest’ultima, nel procedimento che vede implicato Pino Maniaci ha cercato di escludere qualsiasi relazione tra questo procedimento e il lavoro di denuncia dell’opera della Saguto condotto da Telejato.

Si è arrivati alla richiesta di archiviazione del procedimento, in modo che tutto rimanga così com’è sempre stato e che si metta una pietra tombale in una vicenda in cui, se si fosse proceduto tenendo presenti tutte le prove e tutta la documentazione presentata dalla famiglia Cavallotti nel loro esposto, non si poteva se non arrivare alla conclusione che questi erano stati vittime di un complotto che aveva i suoi lontani protagonisti in Ciancimino, Lapis, in un noto giudice antimafia, in un noto politico siciliano, e che bisognava restituire loro i beni, non quelli rimasti, poiché non è rimasto niente, ma quelli truffati, stornati, arraffati, dilapidati da coloro che avrebbero dovuto amministrarli in nome dello stato. Così va l’Italia.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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