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Aspetti della subcultura contemporanea

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Il ventennio berlusconiano ha fatto da brodo di coltura per la costruzione di una visione della vita, (Weltanshauung) e per la diffusione di una serie di modi di pensare, lentamente assorbiti, soprattutto a livello inconscio, al punto che ormai si crede che siano elementi autentici caratterizzanti il proprio modo di pensare e di essere.

È emerso un razzismo cattivo e selvaggio, teso alla criminalizzazione di tutto ciò che non è italiano, con annessi fanatismi e incredibili forme di odio e di selvaggia repressione, verso chi ha la colpa di cercare una nuova via rispetto alle impossibili condizioni di vita nelle quali si è trovato. Facebook e altri strumenti simili hanno avuto il risultato di non fare più sentire solo o colpevole chi nutriva segretamente questi giudizi, e quindi di sdoganarli come elementi di cui non vergognarsi, da condividere in una sorta di villaggio mediatico della xenofobia, diventato anche partito e addirittura politica di potere. Se una volta si aveva il pudore di evitare l’assimilazione con certe forme del fascismo o del nazismo, adesso ogni pudore è venuto meno e ci si lascia andare a linguaggi, gesti, giudizi così truculenti da destare paura in chi la pensa diversamente. E, anche se si tratta ancora di una minoranza, la capacità propagandistica che essa possiede è tale da far credere che si tratti invece di maggioranza. Per una strana miscela di scelte si professano principi religiosi, ma si infierisce su prelati cattolici, papa compreso, il cui torto è quello di richiamare tutti a una cristiana fratellanza. È diventato un luogo comune che gli immigrati tolgono lavoro agli Italiani o che sono tutti delinquenti e stupratori.

Altra degenerazione è quella di un falso mito dell’ordine, rispetto a una politica governativa che, attraverso sentenze, amnistie e processi brevi starebbe popolando le strade di delinquenti, non essendoci nelle carceri posti sufficienti per contenere quelli giornalmente arrestati; l’ordine è quello che appare e che viene mostrato, non quello reale: è quello dei soldati in piazza o delle ronde di cittadini pronte a trasformarsi in squadracce fasciste, è quello della mafia che assicura tranquillità per essere lasciata libera nei propri affari.

È diventato proprietà comune il mito dell’arrivismo a qualsiasi costo, lo yuppismo, e quindi della svendita della propria dignità alla ricerca di un lavoro che consenta di vivere agiatamente e guardare gli altri dall’alto. Sulla morale il problema è più grave: la ricerca esasperata del gossip, la trasformazione in scandalo anche dell’elemento più innocuo di vita privata, la giustificazione delle bravate pseudo erotiche del politico di turno, se fa parte della maggioranza, e la criminalizzazione, anche con la confezione di menzogne mirate, di chi vuole fare opposizione sul serio, sono facce dello stesso progetto di costruzione del pensiero unico.

Non è passato molto da quando questo deterioramento ha condotto alla riabilitazione del ladro latitante Bottino Craxi, trasformato in esule e in vittima della giustizia, la beatificazione dell’eroe mafioso Mangano, per non parlare del rifiuto del parlamento di affrontare la proposta di legge che impedisce agli indagati e ai condannati di essere eletti parlamentari. Sculettanti veline o bellezze di colore con straripanti seni danno cibo all’immaginario sessuale degli italiani, ormai ridotti a un popolo di guardoni soddisfatti delle beghe e delle trovate dei protagonisti del Grande Fratello o dell’Isola dei Fumosi. La stessa figura del tronista, così mortificante per la dignità femminile, il successo di squallidi personaggi ricattatori, come Fabrizio Corona, ancora oggi osannato dalle folle o di altri imbroglioni come Briatore, Berlusconi, i Savoia, gli Agnelli e bei tipi della stessa pasta, ci dimostra che ormai l’unica libertà possibile è quella di rendere nostre le cose che gli altri ci propinano. L’apparire è la categoria dilagante che rende lontani, attraverso la manipolazione sapiente dell’immagine, i problemi reali, i fatti, i drammi della povera gente. La pratica, mai morta del “calcio in culo”, della spintarella, della raccomandazione è lo strumento principe per qualsiasi forma di richiesta. L’esibizione della griffa è la sublimazione perfetta di chi vuole esibire una nota di classe. Il rapporto sessuale non è più il sublime punto d’incontro tra persone che hanno voglia di conoscersi, ma uno strumento per far carriera, per sfogare una voglia repressa, togliersi un capriccio, oppure un rapporto economico tra il valore d’uso (il corpo) e il valore di scambio (il denaro). Altre cose che una volta non sarebbero mai passate, grazie alla forza del sindacato, come i licenziamenti, la cassa integrazione, la mobilità del lavoro, lo spezzettamento delle ore, il trasferimento presso altre sedi, l’assenza di competenze specifiche e il cambio di competenze formali, sono diventate normali regole del mondo del lavoro. L’identificazione della politica nella persona e non nelle idee e nei programmi, l’esibizione, in campagna elettorale, di facce d’una bruttezza sconvolgente, la rassegna giornaliera degli stessi visi di politici nel corso dei telegiornali, come nelle parate del regime sovietico, o, per spostarci su altri settori, la scomparsa di forme di auto sostentamento, come il bricolage, la coltivazione dell’orto di casa, la riparazione autogestita, la preparazione del pasto in casa, e, per contro, lo smaltimento selvaggio dei rifiuti, il mancato rispetto per la tutela ambientale, la coscienza di “poterla fare franca” in un modo o in un altro, sono tutti aspetti della irreversibile decadenza di una civiltà tardo-industriale che ha progressivamente cancellato le forme di socializzazione, d’incontro, di confronto, per lasciare solo l’alternativa della solitudine, pilotata dal micidiale strumento del teleschermo o dello sfogo attraverso i network delle proprie frustrazioni interne e perversioni mentali. Culturalmente dilaga il revisionismo storico, la cancellazione di regole espressive, dalla grammatica alla sintassi, l’approssimazione del giudizio, la tendenza ad arrangiare a proprio uso e costume qualsiasi regola, l’aggressione verbale, la mancanza di rispetto sia delle opinioni, sia delle competenze (specialmente di quelle giuridiche), il distacco del termine dal suo significato, il disprezzo per la diversità, specie se questa ti spinge a riflettere. Sull’altro lato del pianeta l’America ha imboccato ormai da quasi un secolo queste degenerazioni della civiltà di massa e ce le ripropone giornalmente con le orge di telefilm che dilagano dai teleschermi e trasmettono automaticamente un certo modo di vedere la vita, di giudicare, di comportarsi. La stessa America che è stata capace di andare oltre i suoi schemi, con la scelta di un presidente di colore e giovane, ha scelto un magnate con l’atteggiamento da mafioso e con atteggiamenti bellicosi e razzisti che sembrano appartenere a un passato remoto ripercorrendo un cammino che in Italia era stato anticipato da vent’anni con l’ascesa di Berlusconi. Né in America né in Italia c’è ancora spazio per un presidente donna, ma almeno gli americani ci hanno provato con la Clinton. Davanti al dilagare di questo neo-medioevo, con la sua struttura verticalizzata della società, con la dilatazione sempre più aperta della forbice che separa chi detiene la ricchezza e chi vive in povertà, qualsiasi forma embrionale d’Illuminismo, periodo peraltro condannato dagli intellettuali neoconservatori, sembra il baluginio di una luce lontana, più il tramonto della ragione, che l’alba di un nuovo uso di essa. Più concreto invece il mito della caverna, dove tutti sono seduti a guardare e sono pronti ad uccidere chi tenta di dire loro che fuori esiste un altro mondo, quello vero, aldilà di quello drogato delle immagini.

(Questo articolo, a parte alcuni aggiornamenti, è stato pubblicato su Antimafia Duemila il 1° dicembre 2017)

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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