Dopo l’incensata che ieri abbiamo letto sul Giornale di Sicilia, nella quale la dott.ssa Saguto elogiava il suo operato e la sua indefessa attività nel sequestro di beni mobili e immobili, spacciati da lei per beni di provenienza mafiosa, mentre nei processi penali molti loro detentori venivano assolti, dopo i servizi di denuncia televisivi sull’operato degli amministratori giudiziari nominati dall’ufficio misure di prevenzione, dopo questo che ieri abbiamo definito un “botta e risposta” nel contesto di una sottile partita, nel corso della quale si notano denunce ed elogi, oggi la notizia che ci aspettavamo da tempo: la mafia vuole uccidere la Saguto. Quella delle minacce di attentati ai magistrati è una, non sapremmo se definirla “strategia”, che viene fuori in determinati momenti e che, per lo più serve a potenziare la scorta, a sostituire la macchina vecchia con una nuovissima superblindata e a proiettare su scala locale e nazionale l’immagine di coraggio e di volontà di andare avanti sulla scia dell’operato di Falcone, Borsellino e altri giudici uccisi dalla mafia.
Per non parlare dei politici: è bastato anni fa che a Miccichè arrivasse una lettera con minacce di morte, scritta non vogliamo insinuare da chi, per assicurarsi la scorta a vita. Perché la sorta è uno status simbol, il simbolo del potere e, nello stesso tempo la possibilità di spostarsi con un autista e di arrivare presto. L’argomento è delicato. Le informazioni che ci giungono sono approssimative: si parla di un presunto scambio di favori tra la mafia degli Emmanuello di Gela, che avrebbe dovuto eliminare la Saguto, che non conosceva neppure, e la mafia palermitana, che avrebbe dovuto eliminare, non si sa bene quale magistrato della procura di Caltanissetta: si presume il giudice Di Natale, che non è il centravanti dell’Udinese, ma potrebbe anche trattarsi di Lari, Procuratore capo che aspira a diventare Procuratore a Palermo, dopo che ha fatto ricorso contro l’attuale Procuratore Lo Voi e dopo che il TAR gli ha dato ragione. E’ probabile che possa esser messo tra questi anche il nome di Franca Imbergamo, che alla procura di Caltanissetta ha dato un contributo notevole nel mettere alle corde il clan Emmanuello. In questa confusa e improbabile informativa dei servizi segreti, già nota dall’anno scorso, e comunicata poi due mesi fa all’interessata, alla quale sono state rafforzate tutte le misure di sicurezza, si ipotizza che ignote famiglie palermitane, messe alle corde e senza più soldi per pagare gli stipendi ai picciotti o le spese dei parenti in galera, avrebbero trovato, non si sa dove, dal momento che è stato loro confiscato tutto, soldi, armi e uomini per escogitare due attentati, questa volta un altro botta-risposta mafioso. Al momento è prematuro qualsiasi commento su questa notizia, che è ben diversa da quella del ventilato attentato a Di Matteo, testimoniato da pentiti che hanno addirittura indicato il posto in cui era stato nascosto il tritolo, che ancora non è stato provato. Da un anno da questa emittente abbiamo trasmesso fatti, misfatti, abusi, disfunzioni, accuse che qualche volta erano al limite della calunnia, senza avere ricevuto alcun avviso giudiziario. Hanno deciso di farci morire, come si dice in siciliano, “cu u fetu d’u carbuni”, cioè nel silenzio, perché noi siamo “nuddu mmiscatu cu nenti”, ma a quanto pare, se tutto è sapientemente deciso, chi detiene il potere sa come fare per mantenerlo, per metterci una pezza, per evitare che altri possano metterlo in discussione o insidiare il suo posto.
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