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9 ottobre, pagina di diario: dissequestrato il patrimonio dei Niceta

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I fatti e gli approfondimenti del giorno nella rubrica di Telejato “Pagina di diario”

È tornato il beltempo, l’ideale per la raccolta delle olive.

Partiamo subito da due notizie che riguardano i beni sequestrati: il processo di Caltanissetta contro la Saguto e i suoi amici si sta rivelando una vera e propria miniera di imbrogli e di manovre dove ogni giorno spuntano nuovi filoni d’indagine e nuovi rinvii a giudizio: questa volta tocca a tre amministratori giudiziari dei beni della famiglia Rappa, uno il “giovanotto” Walter Virga, l’altro il docente universitario Luca Nivarra, al quale sarebbero state pagate delle consulenze non effettuate e poi c’è l’amministratore giudiziario Morabito, cenunciato da un possidente preposto, Baldassare Sapuppo, perché si sarebbe appropriato di 325.990 euro. E cavolo, poteva aggiungercene altri dieci per fare conto paro e arrivare a 326 mila. Insomma, falso, truffa, peculato e tante altre belle cose.

Altra notizia è quella del proscioglimento definitivo da ogni accusa nei confronti dei fratelli Niceta. Tolti i sigilli, restituiti i beni, ma non è stato restituito niente, perché gli amministratori giudiziari hanno fatto tabula rasa di un impero finanziario che comprendeva 15 punti vendita e un centinaio di dipendenti. Stamane Massimo Niceta mi ha telefonato dicendomi: “Salvo, finalmente è finito un incubo. Siamo stati prosciolti da tutto. Voglio dare a te la notizia, per primo, perché Telejato è stata la sola televisione che si è schierata al nostro fianco e ci ha sempre sostenuto in una battaglia di cui siamo vittime non solo noi, ma tanti imprenditori massacrati dalla legge del sospetto e dall’uso distorto delle misure di prevenzione”. Auguri Massimo. Puoi adesso ricominciare e ne hai tutte le capacità.

Ci è pervenuta in studio una richiesta di copia del servizio televisivo del 5 ottobre, che, ad avviso della Presidente del Consiglio comunale di Partinico “integra – così è scritto – gli estremi della calunnia nei miei confronti e per tutelarmi in sede giudiziaria”. L’episodio si riferisce a una presunta notizia, secondo la quale la dott.ssa Italiano avrebbe fatto un uso “istituzionale” di un mezzo automobilistico del Comune, cosa che invece non era o non sarebbe stata nelle sue competenze. Si tratta di una strana lettera per vari motivi:

per prima cosa si chiede a chi avrebbe commesso il presunto reato di trasmettere la prova che lo accuserebbe. Come dire: tu mi hai offeso e mi devi dare la prova che lo hai fatto. Ma, santo dio, gentile dottoressa, non ci vuole grande conoscenza della giurisprudenza penale per sapere che, se cerchi questa prova ed hai questo sospetto, la prova devi esibirla tu e te la puoi procurare solo attraverso un iter giudiziario. E poi, alla base di tutto c’è da valutare se è vero o non è vero che il fatto è successo. Perché se non è successo, il discorso si potrebbe chiudere con una semplice smentita che siamo e saremmo pronti a trasmettere, perché denunciare?, e, se è successo sono “cavoli” tuoi di cui devi rendere conto.

L’altra stranezza è l’individuazione degli “estremi della calunnia”. Anche qua bisognerebbe minimamente saper distinguere la differenza tra calunnia e diffamazione a mezzo stampa. Basta informarsi con un legale.

Terza stranezza è la giustificazione personale del fatto: ovvero che il servizio servirebbe “per tutelarmi in sede giudiziale”. Se il servizio serve per tutelarti, cioè per difenderti, la finalità del servizio diventa positiva, dal momento che viene usata in tua difesa, e non è più calunniatoria.

E comunque non ci sono problemi: staremo a sentire cosa dice il nostro legale.

È misteriosamente scomparsa “a muntagna d’a zza Nina”, ovvero la collina di vinacce ammassate sullo spiazzale della distilleria Bertolino. Si può o si potrebbe concludere che la distilleria in pochi giorni è riuscita a lavorare l’immensa massa di vinacce e che quello che ne è rimasto, ovvero le vinacce esauste, è stato ammassato nel retro della fabbrica, in attesa di essere bruciato. Questo spiega l’aumento notevole della puzza che in questi giorni si è diffusa negli spazi attorno alla fabbrica, rendendo difficoltosamente respirabile l’aria. Insomma: scomparsa la “montagna d’a zza Nina” e considerato che lei si chiama anche Francesca, se ci spostiamo sul retro potremmo notare che è spuntata a “muntagna d’a za Ciccia”. Miracoli che solo a Partinico possono succedere.

Sulla munnizza tutto è come prima, nonostante l’indefesso lavoro degli addetti che ce la mettono tutta, ma non riescono a far fronte alla diseducazione e alla scarsa conoscenza della raccolta differenziata dei partinicesi. Tanta buona volontà, tanti selfie, alcune salate multe scattate grazie all’uso delle telecamere e continue formazioni di montagne che si spostano da un luogo all’altro, tipo quelle d’a zza Nina.

Sappiamo cos’è la Co.ge.si., e per chi non lo sa diciamo che è la ditta che sta raccogliendo i rifiuti, avendo vinto l’appalto. La ditta è finita, come ricordate, nel mirino del sindaco, quando, in una pomposa conferenza stampa è stato annunciato che un camion della stessa era andato a scaricare rifiuti in contrada Giambruno. Strana notizia, documentata da una foto. Ma come, invece di raccoglierla la sversa? Il sindaco ha minacciato di revocare l’incarico e ha detto di avere sporto denuncia per l’individuazione dei responsabili. Ebbene, allo stato attuale i legali della Co.ge.si. hanno presentato in tribunale il modello 335, quello che è prescritto per accedere e per sapere se ci sono procedimenti in atto, ma non è risultato nulla. Risultano invece danni gravissimi all’immagine della Co.ge.si., la quale al momento è stata esclusa dalla partecipazione agli appalti e che, pertanto ha già sporto denuncia per il risarcimento dei danni, che si annunciano stratosferici e che, in caso di condanna il Comune dovrà pagare. E tutto questo tanto per dire che piove sul bagnato, ovvero che soldi non ce n’è per pagare i servizi, almeno nei prossimi mesi, vedi se se ne troveranno per pagare i danni relativi a uno scoop che si potrebbe rivelare un boomerang.

Oggi alle ore 18 ennesima riunione di maggioranza, nella quale il sindaco chiederà anche ai più riottosi di votare il dissesto e di chiudere questa pagina, tanto per togliersela dalle spalle e affidarla ai commissari ministeriali che verranno nominati.

Ci giunge notizia che la ditta che ha vinto l’appalto per l’illuminazione, non ha potuto firmare il contratto, poiché si aspetta di sapere se il consiglio comunale voterà l’atto d’indirizzo con il quale si propone la gestione comunale del servizio. Proposta apprezzabile ma che, viste le vacche magre, fa correre al paese il rischio di rimanere al buio o alla luce di qualche sparuta lampada.

Dopo il ritrovamento di due giorni fa, di “solo” 280 piante di marijuana, c’è stata un’altra scoperta della stessa sostanza, ovvero di cannabis indica, in contrada Principe, dove un baldo giovinotto di 27 anni aveva costruito una serra a regola d’arte, con 356 piante in piena fioritura e altre messe ad essiccare. Le indagini parlano anche di un sistema di aerazione allacciato abusivamente alla rete elettrica pubblica e il comunicato afferma che la scoperta “ha tratto spunto da alcune intuizioni investigative” della polizia. E poiché tutta quest’erba sarà bruciata, suggeriamo che possa esserlo nel fumaiolo della distilleria, in modo che tutto il paese respiri a pieni polmoni non qualcosa di dannoso, ma qualcosa che procuri uno sballo generale.

Finalmente domattina partirà l’atteso consiglio comunale. Potremmo chiamarlo un consiglio “dissestato”, una sorta di pollaio dove galli e galletti si esibiranno nelle loro capacità oratorie per dire che la colpa è degli amministratori passati, che loro non c’entrano nulla e che comunque dissestati non saranno solo i galletti che cantano, ma tutto il paese. E mi raccomando, a tutti i consiglieri: svegliatevi presto, al canto del gallo, per preparare i vostri discorsi. Senza pretendere di essere ascoltati.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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