Caccia in Sicilia: il TAR Palermo accoglie il ricorso delle associazioni ambientaliste dichiarando illegittima la preapertura al 1 settembre. La caccia resterà chiusa sino al 1 ottobre, niente attività venatoria a febbraio, chiusa anche la caccia al coniglio. Il ricorso è stato presentato da Legambiente Sicilia, LIPU e WWF contro il calendario venatorio 2018/2019 emanato ad agosto dall’Assessore all’Agricoltura Edy Bandiera. Questi sono i punti più importanti:
Il TAR Palermo, nel richiamare la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul rispetto del parere dell’ISPRA e per la prima volta anche quella della Corte dei Conti sul danno erariale conseguente all’illegittimo prelievo venatorio di fauna selvatica (patrimonio indisponibile dello Stato), ha inoltre evidenziato la mancanza di dati scientifici aggiornati in base ai quali la Regione avrebbe dovuto disciplinare la caccia in Sicilia.
Legambiente, LIPU e WWF chiedono all’Assessore Bandiera l’immediata esecuzione della decisione del TAR per evitare ulteriori e irreparabili danni al patrimonio faunistico e l’emanazione di immediate disposizioni ai corpi di polizia e vigilanza per il rispetto dei nuovi divieti.
Dopo il lungo e drammatico esodo degli insegnanti passati di ruolo e sbattuti molto lontano dalla propria terra, si sta presentando un caso forse più triste e più vergognoso, quello di alcuni precari della scuola che, dopo anni di servizio e dopo avere acquisito, nel tempo, particolari competenze, si sono visti sbattuti, con la nomina in ruolo, in sedi diverse e lontane da quelle in cui da sempre hanno lavorato, con funzioni diverse e addirittura con lo stipendio dimezzato. Il dramma è espresso bene in questa parte di una lettera scritta da una di questi “disperati”:
“Di solito quando uno passa di ruolo è contento di aver raggiunto una posizione lavorativa più stabile e migliore dal punto di vista economico. La mia situazione, così come quella di mio marito e di altri 785 disperati come noi, dopo 27 anni di precariato, invece con il passaggio di ruolo è peggiorata, metà ore lavorative che apportano scompiglio negli uffici poiché non si riesce a portare avanti nel migliore dei modi i servizi, uno stipendio di € 677,55 dopo che per 18 anni è stato € 1134,00, trasferiti in uno Istituto scolastico distante dal comune di residenza (quindi spese di viaggio)”
Io non so a chi vengano in testa queste brillanti idee, consumate sulla pelle dei lavoratori precari, non so quanto umano e onesto sia far pagare la “sicurezza” del ruolo con il cambio di sede e il dimezzamento dello stipendio, non so cosa facciano i sindacati in tutto questo e cosa fanno gli attuali “responsabili politici” che hanno promesso di porre un riparo alle ingiustizie del passato.
Trentatreesimo anniversario dell’uccisione del giornalista napoletano Giancarlo Siani. Nato a Napoli, il 19 settembre 1959 venne ucciso il 23 settembre 1985. Gli anni del Liceo lo videro già impegnato con i movimenti studenteschi del ’77. Cominciò a scrivere per il giornale della CISL “Il lavoro nel Sud”, interessandosi delle fasce più disagiate, dove maggiormente si annidava la manovalanza mafiosa. Da Torre Annunziata iniziò la sua collaborazione come corrispondente per il Mattino di Napoli, occupandosi di cronaca nera e quindi di camorra, studiando e analizzando i rapporti e le gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Fu in questo periodo che iniziò anche a collaborare con l'”Osservatorio sulla camorra”. Pur lavorando come corrispondente, il giornalista frequentava stabilmente la redazione: il suo sogno era strappare il contratto da praticante giornalista professionista per poi poter sostenere l’esame e diventare giornalista professionista: Siani con un suo articolo accusò il clan Nuvoletta, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della “Nuova Famiglia”, di voler spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto pericoloso, e scomodo per porre fine alla guerra tra famiglie. Le rivelazioni, ottenute, grazie ad un suo amico carabiniere e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la camorra a sbarazzarsi di questa scomoda voce. Il 23 settembre 1985, quattro giorni dopo aver compiuto 26 anni, appena giunto sotto casa sua con la propria Mehari, Giancarlo Siani venne ucciso, intorno alle 20.50. Per chiarire i motivi che hanno determinato la morte e identificare mandanti ed esecutori materiali sono stati necessari 12 anni e 3 pentiti.
Il 15 aprile del 1997 la seconda sessione della corte d’assise di Napoli ha condannato all’ergastolo i mandanti dell’omicidio (i fratelli Lorenzo, e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante detto Maurizio) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappuccio e Armando Del Core). In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta, poi assolto dalla Cassazione.
Migranti: Salvini ha sparato la sua cazzata giornaliera: non a torto Travaglio lo chiama “il Cazzaro Verde”: dice che denuncerà le ONG che prestano soccorso ai migranti per favoreggiamento dell’emigrazione clandestina. È un’accusa che non ha né capo né coda, perché chi salva uomini non può essere denunciato e condannato per questo, ma il gesto crea consenso, dà l’immagine dell’uomo forte titanicamente in lotta contro il male rappresentato dagli invasori delle patrie coste. Bravo. E siccome non perde un colpo, aspettiamo la cazzata di domani.
In Sicilia e particolarmente a Catania la notizia è quella del sequestro dei beni per 150 milioni di euro al padrone del giornale “La Sicilia”, all’editore cavaliere Mario Ciancio Sanfilippo, quello che per decenni ha fatto il brutto e il bel tempo nell’informazione locale, diventando una sorta di Berlusconi siciliano. È accusato ed attualmente è sotto processo per collusioni con la mafia. Ricordiamo, solo di passaggio che questo giornale evitò accuratamente di citare la pista mafiosa quando venne ucciso Giuseppe Fava.
Dopo il nostro giro panoramico atterriamo a Partinico, la terra della bellezza che non c’è. Sole e nuvole con una temperatura di 30 gradi e ultimi camion di vinacce che continuano ancora a fare alzare verso il cielo la montagna d’a zza Nina, senza che nessuno si accorga di niente. Stamane abbiamo presentato in autocertificazione al Comune la richiesta d’entrata per svolgere il nostro servizio informativo e ottenere finalmente il cosiddetto badge d’ingresso. Aspettiamo che tutto venga esaminato, il tempo ci vuole, “u friscu un c’è” e al momento ci accontentiamo del tesserino di visitatori.
In primo piano sempre la questione del dissesto. Abbiamo già detto e lo ripetiamo, che il dissesto si poteva evitare, ma si è scelto, politicamente di accettarlo e in questo anche l’attuale amministrazione ha la sua responsabilità. Sappiamo da alcuni giorni che il sindaco, forse mercoledì “volerà” a Roma, non sappiamo se in priority per cercare di salvare qualcosa. Francamente questa sembra più una trovata propagandistica, perché ormai non c’è niente da salvare. L’inevitabilità del dissesto comporta l’inevitabilità delle limitazioni e delle cancellazioni di spesa previste da una legge dello stato. Su destino degli anziani attualmente ospitati nella casa di riposo del Can. Cataldo e assistiti dalla cooperativa Nido d’Argento, si sa ben poco se non che questa cooperativa continuerà la sua assistenza sino a metà ottobre e poi mollerà tutto, essendo in credito col comune di circa due milioni di euro: la relazione dei revisori dei conti nota infatti che c’è stata una “bassa copertura dei servizi a domanda individuale, quali Casa di Riposo, refezione scolastica e asili nido, con una media di pagamento solo del 18% E non ci potranno essere richieste in nessun ministero romano che potranno salvare i tagli su queste voci. Idem dicasi per il contenzioso con la “servizi comunali integrati RSU dichiarata fallita dal tribunale di Palermo. Inutile dire che non è stato fatto alcun passo per tentare un accordo o una conciliazione su tali voci e si è aspettata, con un atteggiamento di inevitabilità una soluzione finale che poteva essere evitabile.
Sempre chiuso il centro per Anziani dell’arena Lo Baido, per le ferie dell’impiegato che ha la chiave: ancora non si è trovato uno a cui fare un ordine di servizio per andare ad aprire e chiudere. Ma forse gli anziani hanno fatto il loro tempo in ogni senso.
E chiudiamo con un anniversario: il 24 settembre 1991 venne pubblicato l’album Nevermind del gruppo statunitense Nirvana. È ritenuto uno degli album fondamentali degli anni novanta e della storia del rock in generale. Secondo la rivista Rolling Stones venne classificato alla posizione 17 della e alla terza posizione nella classifica dei 100 migliori album di sempre stilata dalla rivista inglese Q. Nevermind divenne un enorme successo e riuscì a spodestare Dangerous di Michael Jackson dalla vetta della classifica statunitense. Ha conseguito il disco di diamante, che si da al disco con più di 10 milioni di copie vendute, e si stima che abbia venduto nel complesso circa più di 24 milioni di copie nel mondo (dati aggiornati al 2008) Si tratta quindi del disco di maggior successo del gruppo dei Nirvana ed è annoverato tra i migliori album discografici di ogni epoca, come esempio di rock alternativo.
A domani per quelle che, con autoironia abbiamo chiamato “le minchiate del giorno”, poiché così le chiamano tutti coloro che stanno a sentire, in attesa dell’inesattezza o della differenza d’analisi in cui è facile incorrere quando si scrive non un articolo, ma una pagina di diario
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