La mafia delle casseforti e del tritolo
Comune denominatore il super boss Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993. Nuovo sequestro di beni per 18 milioni e mezzo di euro. Nel mirino la mafia di Salemi
Mafia piccioli e tritolo. Cosa nostra e le energie alternative. Parchi eolici, fotovoltaici e impianti per le biomasse. Ultramodernità del fare impresa. Strategie precise: intercettare fondi pubblici, creare guadagni in nero, trasferire i soldi guadagnati nelle city d’Europa. Qualche “spicciolo”, milioni di euro si badi bene, resta in Sicilia, così per “campare”. Per fare investimenti, acquistare terreni, aziende, immobili, pensare pure a garantirsi la “previdenza privata”. Ma questa è la stessa mafia capace di usare i timer delle stragi.
In queste ore i carabinieri di Trapani e del Ros concludendo indagini durate alcuni anni hanno sequestrato beni per 18,5 milioni di euro a esponenti e familiari di boss della mafia trapanese. Hanno portato via di tutto, da aziende agricole ed edilizie, impianti oleari e vigneti, beni immobili, conti correnti, automezzi, polizze assicurative. Impoveriti soggetti facenti parte della cosca storicamente più forte e più ricca sotto il profilo delle alleanze con politica ed economia, quella di Salemi, la famosa patria degli esattori Salvo, il cui arresto negli anni 80 portò la firma del pool di Falcone e Borsellino, e l’arresto degli esattori scatenò le famose accuse a Falcone di danneggiare l’economia siciliana; tanti anni, recentemente, dopo altri arresti, lo scioglimento del Comune per inquinamento mafioso, quando sindaco era il prof. Vittorio Sgarbi, sponsorizzato da un rais di paese, l’on Pino Giammarinaro, diedero occasione di far sentire lo stesso tenore di accuse rivolte ad altri magistrati e investigatori. Il sequestro odierno è figlio di quel filone di indagini. Pensate il grosso del sequestro ha colpito un geometra soprannominato “u cagnulazzo”, Salvatore Angelo, sessantenne, uno capace, come un cane randagio, di andare in giro, dalla Sicilia alla Danimarca, a fare a affari in nome e per conto della mafia, per portare sotto il controllo di Cosa nostra trapanese l’”affare” delle “biomasse” (impianto da creare nel catanese): “cu sti danesi (Baltic wind ndr) è una cosa importantissima… le biomasse sono importanti trent ‘anni ci si può campare…tutto per mio compare Matteo…Matteo è un grande amico mio”. Ad Angelo, intanto condannato a 13 anni, e ai suo familiari, moglie, figli, nuore, sono statio sottratti bene per 16 milioni di euro. Il resto del sequestro ha colpito l’ergastolano Nino Nastasi e la moglie di questi, Antonina Italia. Anche in questo caso aziende agricole, terreni. Nino Nastasi non è un boss qualsiasi. Da suoi magazzini, tra Salemi e Castelvetrano, partì buona parte del tritolo usato dalla mafia nelle stragi del 1993. Boss da trattare con rispetto:: “Per u zu Nino soldi non se ne piangono…”, testuali parole di un consigliere comunale di Castelvetrano, Santo Sacco, “politico punciutu” e anche lui a suo tempo arrestato assieme a Salvatore Angelo del quale era un buon socio.
di Rino Giacalone -tratto da www.antimafiaduemila.com– 16 gennaio 2015