5 Gennaio 2015, trentunesima commemorazione dell’uccisione di Pippo Fava.
Anche quest’anno, giorno 5 Gennaio, ci siamo tutti ritrovati presso la lapide del direttore de “I Siciliani”: Giuseppe Fava. È pressoché inutile sottolineare l’importanza di questo momento, perché rischieremmo di concentrarci su di esso vanificando ciò che davvero rende onore a Pippo Fava, cioè il lavoro svolto ogni giorno da “I Siciliani Giovani”. Giorno 5 gennaio serve per dire che noi siamo ancora qua, non ci avete eliminato. Giorno 5 gennaio serve per dire che le pistolettate non sono servite ad un cazzo. Giorno 5 gennaio serve a dimostrare che Pippo Fava ha vinto! È per questo che ci ritroviamo ancora sotto la lapide, a fissare quelle incisioni sul marmo, quel pezzo di strada, quello scorcio di Catania. Ma non potremmo stare presso quella stele a testa alta, se le nostre redazioni non lavorassero senza riserve ogni giorno dell’anno.
I Siciliani Giovani sono ormai in tutta Italia, non abbiamo un centro o un capo supremo, ma siamo un’insieme di tante piccole e fastidiose redazioni che fanno rete, che lottano come lotta la resistenza, con unghia e denti, che cercano di stare unite nonostante i tanti problemi sociali ed economici, che fanno informazione seguendo gli insegnamenti del Direttore. Giorno 5 gennaio è solo la punta di un iceberg, una giornata che ci permette di incontrarci e guardarci in faccia, dopo un anno che si lavora a distanza, possibilmente senza essersi mai visti prima. La commemorazione è importante, perché serve per non dimenticare, ma non è fine a se stessa. Ha un valore se dietro c’è un lavoro concreto, degli ideali veri e tanta voglia di seguire la strada che Pippo Fava ha indicato. Per questo, spesso, diventano futili le presenze di certi rappresentanti politici o istituzionali, perché costoro credono che fare antimafia significhi stare una volta l’anno sotto una lapide: non è così, il nostro direttore ci ha spiegato che antimafia significa lottare, informare, lavorare sul territorio, conoscere la gente, ricercare e divulgare la verità anche quando questa fa male ed è profondamente scomoda.
Alessandro Paternò