Lettera di un uomo delle scorte
Da questo prezioso documento, pubblicato nel mio recente libro “In nome dell’antimafia”, si può facilmente intravedere lo schifo che esiste in certi angoli delle nostre istituzioni
Dopo parecchi anni trascorsi a vedere tante vergogne, sento il bisogno di parlare. Ho taciuto in questi anni e ho sbagliato, anche i miei figli mi condannano per non parlare, dicono che, se tu sei stato per tanto tempo un uomo dello Stato e hai giurato all’obbedienza, hai l’obbligo morale di intervenire a dei fatti che conosci e non provvedi a raccontarli al fine di salvare e fare vedere che vi sono ancora nello stato coloro che lo servono, sia magistratura sia forze di polizia in genere onesti.
Andiamo per ordine: siamo agli inizi degli anni ’90, lavoravo al servizio scorte e vi era un clima di tranquillità, di rispetto verso il prossimo e venivi anche gratificato non con il denaro ma con dei gesti di affetto di persone che oggi non ci sono più, per tutto quello che facevi anche abbandonando la famiglia, non guardare orario di lavoro ma mai come uno spiccia faccende. Non posso recarmi alla questura a denunciare e scrivo perché lo scoprirete alla fine della mia missiva.
Trattativa stato/mafia, il dott.re Di Matteo lo sa che c’è stata e l’ha fatta un magistrato (di cui abbiamo il nome, ma ci riserviamo di comunicarlo alle sedi opportune, ndr) e il sig. Vito Ciancimino, il magistrato era innamorato di Ciancimino Vito quando c’era un problema da risolvere o dell’uno o dell’altra parte, si incontravano (periodo dopo le stragi) a Roma. Ricordo quell’incontro romano, il magistrato era andato al CSM per sistemare una faccenda di un giudice, un certo Aiello se non ricordo male, e per non farsi notare si sono incontrati a piazza di Spagna, in mezzo alla gente come turisti; dopo mezz’ora al suo ritorno, rideva, dicendo che era una bella giornata. Ciancimino e il magistrato si conoscevano bene perché avevano assieme una società di Gas ed erano dei soci occulti; il figlio del magistrato era sposato con il patron “nella carta” della Gas Spa, oggi finita sotto sequestro, non vi dico chi c’era al matrimonio: il fior fiore dei magistrati, l’amico Beppe Lumia, che aveva il potere di demolire le persone oneste facendo scattare sequestri, inventarsi filoni d’inchiesta pur di rimare sempre al potere. Lui era il presidente dell’Antimafia, chiedete in giro chi è questo personaggio. (Qui fa nomi di magistrati importanti e in prima linea, che omettiamo per i motivi sopra indicati, ndr) sarebbero stati messi in un’altra saletta con mafiosi e uomini massoni.
Il fior fiore degli uomini precisi si dovrebbero vergognare.
Ritornando agli incontri segreti tra Don Vito Ciancimino e il magistrato ce n’è stato uno a Roma, al Vaticano presso la Banca IOR, il Ciancimino si fece trovare con due belle valigette, presumo piene di soldi quel giorno al suo ritorno, non era allegro come altre volte, ma incazzato nero e se la prese con noi dicendo che se si fosse venuto a sapere di questi incontri avrebbe fatto di tutto o per farci arrestare o per trasferirci in qualche posto sperduto dell’Italia, quel giorno ci fu un incontro con altri magistrati, dove si sono chiusi un paio di ore in una stanza e al termine dell’incontro sono usciti tutti neri come se avessero il diavolo in corpo, come se qualcosa andava male e certo c’era un magistrato che stava indagando su alcune cose di mafia e loro lo dovevano fermare, imbastendo le notizie, facendo arrivare notizie dai giornali creando confusione in procura, facendosi arrivare lettere anonime scritte da loro, insomma depistaggio su tutto e soprattutto di lui e company, tanto loro sono insospettabili signori onesti “nta minghia” chi lo conosce uomo cattivo, persuasivo, avido, cinico e sanguinario non lui personalmente ma attraverso anche i servizi segreti. Uno di questo in uno stato di diritto dovrebbe stare in galera, ma fra di loro come dice Walter Virga, “Cane non mangia cane”, dice la verità, fra di loro si proteggono e si informano con dei pizzini alla Binnu Provenzano. Guardate che vi dico la verità, chiedete in giro.
Poi si fanno trasferire a Roma e si allontanano da Palermo perché l’aria diventa pesante, ma non per il loro lavoro, ma per tutte le magagne che fanno perché prima o poi vengono scoperte, invece cosi sono lontani e possono dire che loro in periodo non erano a Palermo.
Dopo quell’avviso ognuno di noi ha cercato qualche raccomandazione, per andarsene e svolgere altro con altre mansioni. Dopo 3 anni di lavoro come garzone, definisco cosi, sono ritornato alle scorte.
Lettera pubblicata sul libro di Salvo Vitale “In nome dell’antimafia“