Piera Aiello, cacciata dal corteo, scrive una lettera a Giovanni Impastato. Chi ha ragione?
Il punto di vista di Salvo Vitale
Mi è stato chiesto un parere sul fatto che Giovanni Impastato abbia cacciato una delegazione del movimento Cinque stelle prima dal casolare e poi dal corteo, il 9 maggio. Premesso che mi lega a Giovanni un lungo e forte affetto, anche se ciò non ha ci ha impedito in alcuni momenti di essere in disaccordo o di scontrarci, che continuo ad apprezzare i suoi 41 anni d’impegno, spesso sovrumano, con cui porta avanti la memoria di Peppino e organizza iniziative, rimettendocene sempre di tasca, malgrado quello che ne pensano alcuni maldicenti di Cinisi, entro subito in merito, partendo da alcuni passaggi della lettera che Piera Aiello ha scritto a Giovanni Impastato:
«Pochi mesi fa quando siamo stati insieme a Rosarno per il premio nazionale “Valarioti Impastato”, mi hai invitato a ricordare tuo fratello, così come ho sempre fatto da quel lontano giorno che mamma Felicia mi donò un garofano rosso. Chi ti ha riferito tutto quello che hai dichiarato ai giornali – scrive Piera Aiello – ti ha strumentalizzato: ti hanno raccontato che mi ero portata le telecamere per fare campagna elettorale; falso, sono giornalisti e registi che stanno facendo un docufilm sulla mia vita e volevano vedere e far toccare con mano al popolo francese che la Sicilia non è quella dei vari film come “il Padrino” eccetera… ma la vera Sicilia è quella che si ribella, quella di Peppino, Rita, tua, mia e di tanti siciliani onesti; quale migliore occasione invitarli a Cinisi e Partanna, dove tra l’altro dovevi esserci così come promesso mesi fa in Calabria? Hai dato modo di gioire ai mafiosi con il tuo compostamente aggressivo e avvallando il delirio di Umberto Santino; vorrei ricordarti che non sono io il tuo nemico, non lo è neanche il M5s di cui mi onoro di far parte, ma apri gli occhi, non sono io a essere strumentalizzata. Peppino, Rita non sono i nostri. Sono di tutti! Peppino e Rita non hanno colore politico, sono morti perché credevano nella verità e nella giustizia anche se avevano il padre mafioso! Volevo farti sapere come la pensavo, spero di non ricevere altri inviti solo per essere il capo espiatorio per partiti che predicano bene e razzolano male e non fanno contratti di governo, ma accordi sottobanco».
Dalla lettera emerge quindi che Piera Aiello era stata invitata a partecipare da Giovanni. Ma non erano stati invitati i suoi colleghi parlamentari Giarrusso, del quale Giovanni ha pochissima stima e Roberta Schillaci, sconosciuta ai più. Se qualcuno è invitato a casa di un altro e si porta appresso gente che a quell’altro non piacciono, l’altro ha un buon motivo per reagire. Si aggiunga anche che non erano state invitate le telecamere né il Movimento, ma solo Piera in quanto ha una sua personale storia. E infine si tenga conto che in tutti questi anni mai il movimento pentastellato si è occupato di Peppino Impastato o ha dato un qualche segnale di presenza. Quindi la reazione di Giovanni è mirata, come egli stesso ha sostenuto durante l’intervento dal balcone di Casa Memoria, al Movimento Cinque stelle, accusato di essere acquiescente e complice nei confronti del riemergere di rigurgiti neofascisti, soprattutto nella Lega salviniana, con la quale il Movimento governa e della quale, troppo passivamente, condivide le scelte politiche o ne è succube.
Dopo di ciò, conoscendo il carattere di Giovanni, che già qualche anno fa si mise a inveire contro due ragazzi di Telejato, venuti al corteo per fare un servizio (foto a sinistra e copertina, ndr), si può facilmente concludere che sarebbe stato più corretto che egli chiamasse da parte Piera Aiello e risolvesse il problema discutendone. C’è stata in mezzo la presenza di Umberto Santino, che su queste cose è molto rigido e che, non è la prima volta che succede, ritiene di essere il depositario della memoria di Peppino:
«Quelle persone – ha detto alla fine del corteo – non si erano mai fatte vedere qui, dunque si erano presentate solo per fare campagna elettorale. Spiace per Piera Aiello, la cui storia conosciamo tutti, ma loro sono al governo con i fascisti».
E infine mi pare di aggiungere, nei confronti dello sfogo di Piera Aiello, che, se è vero che Peppino appartiene a tutti, non è vero che Peppino non aveva colore politico: Peppino era un comunista, e non è morto solo per una generica voglia di verità e di giustizia, ma perché voleva costruire una società radicalmente diversa da quella attuale, era un rivoluzionario purosangue, non uno che vuole governare, come fanno i cinquestelle, magari con più onesta, l’esistente. Rimane un’ultima considerazione: a chi si riferisce Piera Aiello quando dice di non volere «essere il capo espiatorio per partiti che predicano bene e razzolano male e non fanno contratti di governo, ma accordi sottobanco?». Probabilmente al PD che ha partecipato con le sue bandiere e i suoi esponenti, da Cracolici a Faraone, al corteo e che non è stato cacciato, malgrado alcuni compagni “incazzati” gridassero: «Fuori il PD dal corteo», ricordando come il Partito Comunista, il giorno dopo la morte di Peppino avesse diffuso un comunicato in cui si chiedeva di indagare in tutte le parti nei confronti del “giovane Impastato”, che per loro non era un “compagno” e non era sicuro che fosse stato ucciso dalla mafia. Altri tempi, è vero, ma, in questo caso, gli uomini del PD le bandiere le potevano lasciare a casa, visto che siamo in campagna elettorale.