L’Italia brucia. La colpa è dei piromani?
Ormai è diventato un luogo comune: sono i piromani a dare fuoco, le cause naturali e le responsabilità del degrado ambientale sono elementi secondari e trascurabili.
Secondo qualche improbabile statistica i piromani sarebbero responsabili del 90% degli incendi. E quindi caccia al piromane che, nella quasi totalità dei casi si risolve in un nulla di fatto, vallo a trovare, sia perché non c’è, sia perché, se ce n’è qualcuno, non è così scemo da farsi prendere. Qualche volta si becca qualche stupidotto brucia qualcosa per sbarazzarsi di qualche carta, o qualche coltivatore che vuole liberarsi dalle sterpaglie bruciandole, e magari poi non riesce a tenere sotto controllo le fiamme. Poi, i nostri giornalisti bravi a dire tutti sempre le stesse cose, si scatenano, provando a fare inchieste, sul “cui prodest”, cioè a chi può convenire che un’area bella, dove sia stato bruciato il verde che c’era attorno, e quindi desertificata, acquisti valore soprattutto dopo che, per i prossimi dieci anni non si potrà porre in atto alcuna speculazione edilizia, per legge. E giù di lì a ipotizzare interessi nascosti, le mani della criminalità sulla terra, piani regolatori a lunga prospettiva con aree agricole che potrebbero diventare edificabili. Nel momento in cui c’è poi da andare a concretizzare queste accuse con nomi, cognomi, proprietari, piani di lottizzazione, non si trova nulla o, se si trova qualche debole indizio se ne approfitta per utilizzarlo come prova che giustifica il tutto.
Conclusione? Di piromani non se ne trovano molti, ma la fervida immaginazione deduttiva dei giornalisti ne genera in quantità sempre maggiori, ascoltando le indicazioni dei signori dell’informazione, dietro i quali si nasconde chi vuole coprire la propria l’inettitudine nel non sapere o non aver voglia di occuparsi della gestione del territorio, in modo da prevenire gli incendi. Nessuno è tanto idiota, a meno di un autentico idiota, da appiccare il fuoco nelle giornate di scirocco per distruggere porzioni d’ambiente e mettere in pericolo la vita delle persone. Perché poi? Per il piacere di dare fuoco? Forse per emulare Apollodoro, il pazzo che diede fuoco al tempio di Delfi per rimanere famoso nell’eternità? Ebbene, si è rimasto famoso, ma come un imbecille. Tanto quanto il califfo Omar, che fece bruciare la biblioteca di Alessandria perché era sufficiente un solo libro, il Corano. E per restare nel tempio di Delfi, va ricordato l’altro imbecille di re Flegias, che, per vendicarsi di Apollo, che gli aveva sedotto la figlia, diede fuoco allo stesso tempio, ma venne scaraventato da Apollo nel Tartaro e condannato a stare sotto un grosso masso che minacciava di cadergli addosso. E visto che siamo nel mondo mitologico, non possiamo che dare la colpa a Prometeo, il primo dei piromani, che rubò il fuoco agli dei per portarlo agli uomini: Zeus, il padre degli dei, lo incatenò a una roccia del Caucaso, inviando un’aquila che gli mangiava il fegato ogni volta che gli ricresceva. Da quel giorno Zeus scaglia i suoi fulmini quando si arrabbia perché gli uomini non l’ascoltano, e quindi è lui il responsabile degli incendi o, o se vogliamo cambiargli nome, la colpa è di Dio che punisce con le fiamme gli uomini che vogliono rubargli la sua potenza e che sono diventati perversi e peccatori: è il caso degli abitanti di Sodoma e Gomorra, le due città che vennero distrutte dal fuoco divino. È in un cespuglio di rovi che brucia che Dio si manifesta a Mosè, è in una catasta di legna in fuoco che Abramo sacrifica il figlio Isacco, per ordine divino, prima di essere fermato dallo stesso Dio che, crudelmente, ne vuole mettere alla prova l’obbedienza.
Ma queste sono storie d’altri tempi. Se vogliamo fare un salto nella filosofia il fuoco, per Eraclito è il “principio” che regola la vita dell’universo, mentre per Empedocle e per Budda è uno dei quattro elementi, assieme all’aria, all’acqua e alla terra, dalla cui commistione nasce e si sviluppa il mondo. In tempi più recenti il fuoco purifica, come per le anime finite nel Purgatorio, o serve a lavorare e forgiare i metalli. E comunque è espressione di una grande potenza causa di distruzioni e di rigenerazioni. Per non parlare del più grande piromane della storia, che brucia Roma per ricostruirla nuova e accusa i cristiani di essere stati loro i piromani. Pare, da studi recenti che Nerone non fosse un piromane, ma siamo sempre là, si è trovato il colpevole. Negli Stati Uniti terribili incendi hanno devastato immensi parchi, come quello di Yellowstone o come i boschi della California, ancora in fiamme, ma non c’è questa tendenza tipicamente italiana a scaricare responsabilità su qualche capro espiatorio e a cercare il responsabile delle catastrofi naturali. In Sicilia abbiamo un gran numero di forestali, si dice che siamo la regione con il numero più alto, pare siano sei mila, ci sono quelli addetti persino a spalare la neve d’estate: secondo la logica sicula del “non è compito mio” gli addetti alla prevenzione degli incendi sono solo una minima parte di questi, rimuovono qualche sterpaglia dai bordi delle strade una volta l’anno, muniti di attrezzature d’avanguardia, dimenticando che l’erba cresce sempre e che le cunette sono il posto migliore dove buttare i sacchetti della spazzatura, che non è compito loro raccogliere: poi ci vuole un po’ di riposo, il caldo fa stancare.
Dall’alto dei loro uffici i governi, da quello regionale a quello nazionale rilevano, comodamente seduti davanti all’aria condizionata, che bisogna fare dei tagli e tagliano non sul personale, che non si tocca, neanche quello precario, ma sui mezzi di sorveglianza e di soccorso, a partire dai Canadair, il cui numero è diminuito nelle finanziarie di quest’anno, mentre non si toccano le spese per l’acquisto di aerei militari, quelli che ormai per gli americani sono superati, ma che per gli Italiani vanno benissimo. Dopodichè dagli “all’untore”, anzi al piromane, che è responsabile di tutto, compresa la mancata cura e sorveglianza del territorio, dagli alla mafia dei pascoli, dagli ai pastori che danno fuoco perché bruciando le sterpaglie sperano che cresca erba più buona e, con l’occasione, bruciano anche i campi vicini per poterci portare pecore e vacche, dagli al lupo mannaro, anzi al mascalzone che lega alla coda di un animale, possibilmente un cane, un mazzetto di legna ardente lasciando correre l’animale in mezzo alla boscaglia. Il caldo? Va bbè, capita ogni anno, quello ci deve essere; le cicche non spente? Vabbè!!! E che fumano tutti? I barbecue lasciati accesi? Vabbè, quelli si spengono da soli. Le sterpaglie che ogni proprietario di terra non coltivata dovrebbe preoccuparsi di rimuovere? Vabbè, quelle fanno parte del territorio e della sua bellezza, e poi chi non coltiva la terra, deve anche farla tratturare? Che discorsi!!! Per non parlare poi di questi extra-comunitari che si aggirano tra paesi e campagne senza aver nulla da fare, che già sono anneriti, forse perché hanno preso fuoco nella loro terra e ai quali si può gettare addosso una bella accusa di responsabili di tutti i mali possibili, compresi gli incendi.